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Bruxelles (ANSA) – Cresce il fronte dei Paesi che hanno reimposto controlli ai viaggiatori provenienti della Cina dopo l’impennata di contagi di Covid. Per primi si sono mossi alcuni Paesi asiatici, dall’India al Giappone, mentre in Europa l’Italia ha fatto da apripista, seguita da Francia, Spagna e Gran Bretagna. Obbligo di test in aeroporto anche negli Stati Uniti e in Israele. “Sono misure discriminatorie”, ha accusato in un editoriale il Global Times, tabloid del Partito Comunista. Nel mirino anche l’Italia, poiché “non è stata trovata alcuna nuova mutazione negli arrivi recenti”. È tutto uno “sporco trucco politico” per “sabotare i tre anni di sforzi nella lotta al Covid e per attaccare il nostro sistema”, è l’accusa del tabloid, mentre le fonti ufficiali a Pechino continuavano ad assicurare la “massima apertura e trasparenza” da parte delle autorità cinesi.

La Commissaria europea alla Salute Stella Kyriakides, in una lettera inviata ai 27 Paesi membri dopo la riunione dell’Health Security Committee (HSC), ha chiesto di essere “molto vigili” poiché “i dati epidemiologici o i test affidabili” in Cina sono “piuttosto scarsi” e la copertura vaccinale generale “è bassa”. Inoltre non esiste una equivalenza tra “i certificati di vaccinazione o di guarigione cinesi” e lo standard adottato in Europa. Sui test in ingresso però si va ancora in ordine sparso, con alcuni Stati membri che hanno chiesto almeno i tamponi “a campione sui viaggiatori”. Ma al momento a Bruxelles non è stato deciso nulla. Pesa lo scetticismo della Germania. Le analisi mostrano che le varianti in circolazione sono le stesse e dunque i vaccini occidentali offrono copertura. Kyriakides ha dunque esortato i 27 a continuare con un approccio “basato sullo scienza”.

In questo momento, semmai, va aumentata la “sorveglianza genomica” per individuare tempestivamente nuove varianti e reagire in tempo utile. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha precisato che non c’è “nessun intento punitivo” nella strategia del governo e si è augurato che tutta l’Ue possa seguire “l’esempio dell’Italia”. “Chi viene da noi è benvenuto ed è normale che ci siano i controlli: spero che l’Unione Europea ci ascolti come ci ascoltò nel 2020”. A rispondere alle accuse cinesi è stato invece il ministro della Salute Orazio Schillaci: “Prevedere i tamponi per i passeggeri provenienti dalla Cina non è una norma discriminatoria. Proprio perché dalla Cina non abbiamo avuto informazioni scientifiche completamente attendibili, in questa fase abbiamo raccomandato una massima prudenza” (30 dicembre).

Qatargate, avviata la procedura per revocare l’immunità di due europarlamentari

Bruxelles (ANSA) – Il Parlamento europeo ha avviato una procedura d’urgenza per la revoca dell’immunità a due europarlamentari. nell’ambito del Qatargate. “Non ci sarà impunità. Nessuna”, ha annunciato la presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola, sottolineando che la decisione è stata presa a seguito di una richiesta delle autorità giudiziarie belghe.

Secondo i quotidiani belgi Le Soir e Knack sono Andrea Cozzolino e Marc Tarabella i due eurodeputati per i quali la giustizia belga ha chiesto la revoca dell’immunità parlamentare. “Confermiamo di aver avviato la richiesta di revocare l’immunità parlamentare a due membri del Parlamento europeo ma non daremo i nomi o altre informazioni”, ha fatto sapere solamente il portavoce della Procura di Bruxelles interpellato sulla vicenda (2 gennaio).

Croazia entra nell’euro e in Schengen, ‘momento storico’

Croazia entra nell’euro e in Schengen, ‘momento storico’ – Foto: Frank Rumpenhorst/dpa

Roma (ANSA) – La Croazia entra nell’eurozona e nello spazio Schengen, dieci anni dopo il suo ingresso nell’Ue. “Un momento storico”, lo hanno definito le istituzioni croate nelle cerimonie che hanno accompagnato il doppio passo di integrazione europea allo scoccare della mezzanotte. Il Paese balcanico diventa così il 20esimo Stato ad adottare la moneta comune e il 27esimo dello spazio di libera circolazione.

“Un giorno di festa e di orgoglio per i croati, ma anche per tutti i cittadini dell’Europa”, ha commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che per l’occasione si è recata al confine croato-sloveno, lì dove da oggi non servono più controlli per transitare. Accolta dal premier Andrej Plenkovic, i due si sono poi spostati a Zagabria per un breve colloquio e un caffè in un bar della piazza centrale della capitale, rigorosamente pagato in euro.

Anche il presidente italiano Sergio Mattarella ha voluto congratularsi con la Croazia, lodando su Twitter di “risultato importante per il progetto europeo e per il popolo croato”. “Spero che presto altri Paesi raggiungano lo stesso obiettivo, a beneficio di tutta l’Ue”, ha aggiunto il capo dello Stato. Che la moneta comune “porti stabilità ai suoi membri” ha sottolineato anche la presidente della Bce, Christine Lagarde, dando il benvenuto alla Croazia al tavolo di Francoforte.

Una piccola cerimonia si è tenuta anche davanti a un bancomat di Zagabria dove il governatore della Banca centrale croata (Hnb), Boris Vujcic, ha ritirato simbolicamente i primi euro. Al valico di Bregana-Brežice, invece, il ministro degli Interni croato, Davor Bozinović, ha premuto per l’ultima volta il pulsante per alzare la rampa e lasciar passare le prime automobili senza controlli. “Abbiamo aperto le porte all’Europa senza frontiere e affermato la nostra identità europea per la quale si sono battute generazioni di croati” ha dichiarato. (1 gennaio).

Il 30% di chi votò Leave ora sogna Brexit soft

Londra (ANSA) – Quasi un terzo di coloro che allo storico referendum britannico del 2016 votarono Leave, ossia per il divorzio del Regno Unito dall’Ue, auspica oggi una Brexit più soft: ad accreditarlo è un nuovo sondaggio, realizzato in questi giorni dall’istituto Savanta ComRes, stando al quale il 30% di questo segmento di popolazione si dice adesso a favore di legami più stretti con Bruxelles (seppur da fuori); contro un 13% d’irriducibili che desidererebbe al contrario ancora maggior distanza. La percentuale di chi invoca relazioni se non altro più ravvicinate con i 27 sale poi al 47% se si considera la generalità degli elettori (includendo sia i pro Leave del 2016, sia i pro Remain). Secondo il professor John Curtice, sondaggista di fama nel Regno, l’indicazione – ultima sulla scia di una serie di rilevazioni analoghe recenti – non segnala necessariamente un’adesione maggioritaria all’idea di una qualunque ipotesi concreta di marcia indietro verso l’Unione. Ma conferma la crescita attuale d’una tendenza a forme di “pentimento” almeno parziali (in inglese regret) rispetto a sei anni fa: tendenza evocata dai media con un neologismo ad hoc, ‘Bregret’ (29 dicembre).

Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.