Bruxelles (ANSA) – Il premier ungherese Viktor Orban – tallonato a ruota dalla Slovacchia – ha rimosso il veto alla candidatura di Mark Rutte a segretario generale della Nato, che l’Alleanza vuole vedere insediato entro il summit di Washington (9-11 luglio). Ora ad opporsi resta solo la Romania di Klaus Iohannis, che si era proposto come alternativa in polemica rispetto alla logica degli accordi preconfezionati dai grandi. Ma da sola Bucarest non può andare lontano e la successione a Jens Stoltenberg è considerata ormai “imminente”.
La svolta si è avuta dopo l’incontro tra Rutte e Orban, in cui il magiaro ha chiesto – per iscritto – la conferma dell’accordo appena raggiunto con Stoltenberg sull’esclusione di Budapest dai piani di sostegno della Nato all’Ucraina. Niente soldati, niente fondi, nessun uso del territorio ungherese. Per Stoltenberg – impegnato in una visita in Usa e Canada proprio per limare gli ultimi dettagli del vertice dei leader – si avvicina dunque, davvero, il momento di fare i bagagli. L’ex premier norvegese, nel corso del suo incontro con il presidente Joe Biden, ha inoltre potuto illustrare le ultime stime di spesa – è il preliminare del 2024 sino al principio di giugno – in cui si evince un ennesimo aumento dei contributi da parte di quasi tutti gli alleati.
Ora sono 23 i Paesi che superano il 2% del Pil in difesa, rispettando così gli impegni presi nel 2014 nel vertice del Galles sull’onda dell’annessione della Crimea da parte della Russia. I Paesi ritardatari a questo punto sono 8 (su 32). Ovvero Croazia (1,81%), Portogallo (1,55%), Italia (1,49%), Canada (1,37%), Belgio (1,30%), Lussemburgo (1,29%), Slovenia (1,29%) e Spagna (1,28%). “Quest’anno la spesa per la difesa degli alleati europei e del Canada è aumentata del 18%, il maggiore incremento degli ultimi decenni”, nota il documento diffuso dalla Nato (18 giugno).
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