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Roma (ANSA) – Contro l’inflazione la Banca centrale europea (Bce) sceglie la linea dura. La Bce si mette sulla scia della Federal Reserve e rialza i tassi di 75 punti base, portando quello principale a 1,25% e quello sui depositi a 0,75%. Si tratta del più forte rialzo della storia della Bce, ma altri ne seguiranno nei prossimi mesi perché l’inflazione che continua a correre costringe a rivedere tutte le stime e a fare i conti, volta per volta, con uno scenario messo sotto pressione dalla guerra.

La mossa, attesa da giorni, non spaventa i mercati: le borse europee chiudono cautamente positive, e lo spread non segnala grossi timori. Solo i rendimenti di tutti gli europei si muovono alla notizia, con il Btp decennale che si riavvicina alla soglia del 4% e quello a due anni che sale di ben sedici punti (a 2,27%). Neanche l’euro è impressionato dalla svolta, e scivola nuovamente sotto la parità con il dollaro, in vista di un rallentamento dell’Eurozona. 

I segnali di frenata dell’economia in arrivo ci sono già tutti, perché molti dei rischi che la Bce vedeva a giugno si sono materializzati, ha spiegato la presidente della Bce, Christine Lagarde. Per questo il suo staff ha dovuto rivedere le stime di crescita dell’area euro, perché dopo “un rimbalzo nella prima metà del 2022, dati recenti indicano un sostanziale rallentamento della crescita economica dell’area euro, con un’economia che dovrebbe ristagnare nel corso dell’anno e nel primo trimestre del 2023”.

Il Pil si fermerà al 3,1% nel 2022 (meglio delle stime di giugno ma solo grazie ai primi trimestri più forti del previsto), allo 0,9% nel 2023 (un taglio importante dal 2,1% previsto prima dell’estate) e dell’1,9% nel 2024 (a giugno era 2,1%). Gli economisti di Francoforte hanno anche elaborato uno scenario negativo, nel caso in cui la Russia fermasse tutto il gas verso l’Europa, e non si trovasse approvvigionamento alternativo: in quel caso, con i razionamenti per famiglie e imprese, nel 2023 la crescita sarebbe negativa. La recessione è un’ipotesi che costringe la Bce a tenere la guardia alta, ma non cambia la sue ricetta.

Il rialzo ‘jumbo’ è dettato da altri dati, rivisti dallo staff “significativamente al rialzo”, cioè le stime sull’inflazione. Dal 6,8%, previsto soltanto a giugno, schizzano all’8,1% nel 2022, dal 3,5% al 5,5% nel 2023. Lagarde ha spiegato che di fronte a questa revisione il Consiglio direttivo non ha avuto tentennamenti e ha deciso all’unanimità di aumentare il costo del denaro di 75 punti. E di proseguire con successivi rialzi finché sarà necessario “perché l’inflazione rimane troppo alta ed è probabile che rimanga al di sopra dell’obiettivo per un lungo periodo” (8 settembre). 

Piano Ue, tagli a consumi e elettricità sotto 200 euro

Bruxelles (ANSA) – Taglio ai consumi, tassa sugli extraprofitti delle società energetiche, tetto all’elettricità a 200 euro e price cap al gas russo che, stando alle prime stime, non dovrebbe superare i 100 euro: l’Ue mette in campo il suo pacchetto di proposte prima dello Stato dell’Unione che Ursula von der Leyen pronuncerà la settimana prossima e Strasburgo e soprattutto alla vigilia del Consiglio straordinario Energia di venerdì. Sono cinque le misure che Bruxelles ha avanzato ai 27 con l’obiettivo di frenare la crisi dell’energia redistribuendo gli extraprofitti ai consumatori e alle piccole e medie imprese colpiti dal boom dei prezzi.

La riduzione dei consumi di elettricità – del 10% in generale e del 5% nelle ore di punta stando alle prime bozze – è forse la proposta che potrebbe trovare meno ostacoli. Più complicato (la Polonia ad esempio ha già espresso delle riserve) trovare un accordo sul price cap da 200 euro a megawattora all’elettricità, tetto che andrebbe ad intaccare i ricavi inframarginali nell’ eolico, nel solare, nell’energia geotermica, idroelettrica e nelle biomasse. La Ue si appresta inoltre a chiedere agli Stati membri di attuare la richiesta di “un contributo di solidarietà” per le aziende di combustibili fossili.

Bruxelles si impegna poi a modificare il quadro delle regole sugli aiuti di Stato per permettere un sostegno (con prestiti e garanzie) della liquidità alle imprese energetiche, in difficoltà a causa dell’estrema volatilità dei prezzi. Infine c’è il price cap al gas russo, la misura simbolo sulla quale, però, trovare un’intesa rapida non sarà facile. Il pacchetto è stato presentato ai rappresentanti dei 27 Paesi membri e, secondo quanto spiega una fonte europee, l’accordo al momento non c’è. Il rischio è che il sì definitivo al piano non si abbia al vertice informale dei leader Ue a Praga fra un mese, ma al Consiglio europeo di fine ottobre a Bruxelles. Per ora la buona notizia arriva da Amsterdam dove il gas chiude ancora in calo, a 214 euro a megawattora (7 settembre).

Patto Macron-Scholz, ‘esporteremo gas verso la Germania’

Parigi (ANSA) – Gas francese verso la Germania, elettricità prodotta in Germania verso la Francia: nasce così la “solidarietà franco-tedesca sull’energia” annunciata oggi all’Eliseo da Emmanuel Macron dopo il colloquio con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, centrata sugli strumenti per affrontare l’inverno di fronte alla crisi dell’energia. Invitando tutti i francesi alla “sobrietà energetica”, unico modo per avere “in mano il proprio destino” nei prossimi mesi, Macron ha spiegato: “La Germania ha bisogno del nostro gas e noi abbiamo bisogno dell’elettricità prodotta nel resto dell’Europa, e in particolare in Germania”.

“Contribuiremo alla solidarietà europea in materia di gas e beneficeremo della solidarietà europea in materia di elettricità – ha sottolineato – nelle prossime settimane e mesi, questo si tradurrà dal punto di vista franco-tedesco in modo molto concreto. Finalizzeremo nelle prossime settimane i necessari collegamenti per poter fornire gas alla Germania se c’è un bisogno di solidarietà e ogni volta che ce ne sarà. Fin da oggi, per la prima volta da molto tempo, la Francia è esportatrice di gas verso il resto dell’Europa. Rafforzeremo questo aspetto e ci metteremo in grado di essere solidali sul piano del gas con la Germania se l’inverno sarà difficile e se loro ne avranno bisogno”.

“Allo stesso modo – ha continuato il presidente francese – la Germania si è impegnata ad una solidarietà elettrica nei confronti della Francia e si metterà nella situazione di avere più elettricità e soprattutto di fornirci, nelle situazioni di picco, la sua solidarietà elettrica. Questa solidarietà franco-tedesca è l’impegno che abbiamo preso con il cancelliere Scholz” (5 settembre).

Il Cremlino minaccia l’Ue, via le sanzioni o niente gas

Roma (ANSA) – Via le sanzioni o niente più gas. Il messaggio che da Mosca arriva all’Europa non potrebbe essere più esplicito. E il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, confermando lo stop delle forniture dal gasdotto Nord Stream, di fatto dà sostanza all’ultima minaccia di Vladimir Putin: quella della “tempesta globale” pronta ad abbattersi in vista dell’inverno su una Unione europea decisa più che mai a imporre un tetto al prezzo del gas russo. I problemi con le forniture di gas all’Europa attraverso il Nord Stream – ha dichiarato Peskov – continueranno fino alla revoca delle sanzioni che impediscono la manutenzione dei macchinari del gasdotto.

Al portavoce è stato chiesto se è possibile affermare che la questione del pompaggio del gas attraverso Nord Stream dipenda completamente dalle sanzioni e che le forniture riprenderanno solo se queste saranno rimosse o attenuate: “Certamente – ha risposto -, sono proprio le sanzioni che impediscono la manutenzione delle unità”. “Sono proprio le sanzioni che impediscono la manutenzione delle unità, che impediscono il loro spostamento senza adeguate garanzie legali, che impediscono queste garanzie legali e così via – ha aggiunto Peskov -. Sono queste sanzioni che gli Stati occidentali hanno imposto che hanno portato la situazione a quello che stiamo vedendo ora” (5 settembre).

Dall’inizio della guerra in Ucraina l’Ue ha versato alla Russia 85 miliardi

Bruxelles (ANSA) – Dall’inizio dell’invasione in Ucraina l’Ue è stato il principale importatore di combustibili fossili dalla Russia, per un controvalore di 85 miliardi di euro. I calcoli li fa il Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea), nato in Finlandia nel 2019. Secondo il Crea, i guadagni complessivi di Mosca dalle esportazioni di petrolio, gas e carbone hanno raggiunto i 158 miliardi di euro da febbraio ad agosto, rispetto ai 100 miliardi di euro che, secondo le stime, la guerra è costata al Cremlino.

Dopo l’Ue, i principali acquirenti di energia russa sono Cina (35 mld), Turchia (11 mld), India (7 mld) e Corea del Sud (2 mld). Nell’Unione, i maggiori importatori sono stati Germania (19 mld), Paesi Bassi (11,1 mld), Italia (8,6 mld), Polonia (7,4 mld), Francia (5,5 mld). I proventi di queste esportazioni, ammonisce il Crea, hanno contribuito per circa 43 miliardi di euro al bilancio federale russo, aiutando a finanziare la guerra in Ucraina.

L’istituto di ricerca indica anche che rispetto all’inizio dell’invasione c’è stato un calo del 18% dei volumi delle esportazioni di combustibili fossili russi, trainato da un calo del 35% delle esportazioni verso l’Ue e solo parzialmente compensato da altri Paesi. L’impatto dello stop all’import di petrolio russo deciso da Bruxelles è ancora da valutare pienamente, si legge inoltre nel rapporto, ma gli acquisti Ue sono già calati del 17% e sono destinati a diminuire del 90% quando il divieto sarà a pieno regime, alla fine dell’anno. (6 settembre).

Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.