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Roma (ANSA) – A pochi giorni dalla visita ad Algeri, accompagnata dai ministri degli Esteri e dell’Interno, Antonio Tajani e Matteo Piantedosi, la premier Giorgia Meloni fa tappa a Tripoli, secondo appuntamento di un percorso – che potrebbe presto portarla anche in Tunisia – studiato per lanciare il suo Piano Mattei. L’idea dell’Italia come hub per redistribuire il gas in Europa si intreccia con la volontà di un cambio di approccio su immigrazione e cooperazione, per “aiutare i Paesi africani a crescere e diventare più ricchi”. Meloni pretende una svolta da Bruxelles, e su questo insisterà anche nel Consiglio europeo del 9-10 febbraio: “Il tema deve riguardare l’Ue nel suo complesso”.

Cruciale, però, resta la collaborazione dei Paesi di partenza. Negli incontri con il primo ministro del Governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Dbeibah, e il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed Yunis Ahmed Al-Menfi, Meloni ha spiegato di apprezzare gli sforzi delle autorità locali per contenere le partenze, sottolineando che però ultimamente sono aumentate. Da qui la necessità “intensificare” l’impegno, di trovare “soluzioni più efficaci”, con risultati “verificabili”, anche “in collaborazione con l’agenzia Onu sul campo”. Intanto i ministri degli Esteri dei due Paesi hanno siglato un accordo per “potenziare le capacità e la cooperazione con l’autorità libica in relazione alla guardia costiera”.

L’intesa clou è però quella da 8 miliardi sul gas con la compagnia petrolifera nazionale (Noc), attraverso cui l’Eni “rafforza la sua posizione come primo operatore in Libia”, ha sottolineato l’ad Claudio Descalzi. “Un chiaro segnale che il settore petrolifero in Libia è privo di rischi”, la tesi del presidente della Noc, Farhat Omar Bengdara. L’accordo, però, è stato contestato nelle scorse settimane dall’altro esecutivo libico (non riconosciuto dalla comunità internazionale), guidato da Fathi Bashagha. Uno scenario ancora più incerto per il ruolo del generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica dove si trovano vari campi petroliferi, dove fanno base molti scafisti e dove è segnalata l’attività dei mercenari russi della Wagner.

Meloni ha “auspicato” che l’impegno del governo di Dbeibah a indire elezioni “possa tradursi rapidamente in azioni concrete, con la mediazione dell’Onu”. Un “ampio compromesso politico nazionale”, ha aggiunto, può “aiutare a sbloccare l’attuale situazione di stallo”. Rilanciando l’impegno per l’autostrada prevista dal trattato Italia-Libia del 2008 e sottolineando l’importanza di dare standard di sicurezza all’aeroporto di Tripoli, la premier ha poi promesso che l’Italia “farà la sua parte, per assicurare una maggiore unità di intenti da parte della comunità internazionale sul dossier libico ed evitare il rischio che alcune influenze lavorino per destabilizzare il quadro piuttosto che favorirlo”. (28 gennaio)

Sette ‘frugali’ si oppongono a debito in risposta ai sussidi green Usa

Bruxelles (ANSA) – Monta la fronda contro l’idea del fondo sovrano europeo per sostenere la transizione verde, una delle idee chiave della Commissione europea per rispondere all’Inflation Reduction Act (IRA), ovvero il ricco pacchetto di sussidi Usa alle aziende a stelle e strisce che tanti problemi sta causando al Vecchio Continente. I ministri dell’Economia di Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Austria, Irlanda, Estonia e Slovacchia in una lettera inviata oggi al vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis – vista dall’ANSA – si sono infatti opposti a nuovi fondi comuni dell’Unione per accompagnare il ‘green deal’.

I sette ‘frugali’ nella lettera invitano tra l’altro a “evitare inutili tensioni commerciali con gli Stati Uniti, soprattutto nella situazione attuale”. Il timore di turbare le relazioni commerciali con gli Usa è insomma un fattore importante nella decisione di intervenire su un tema che sarà sul tavolo del Consiglio europeo straordinario del 9 e 10 febbraio. Nella missiva si segnala, tra l’altro, che “fino ad ora sono stati utilizzati solo circa 100 miliardi di euro dei 390 miliardi di euro di sovvenzioni del Piano di ripresa e resilienza” e che “c’è ancora una capacità di prestito inutilizzata disponibile nel Pnrr”.

“Qualsiasi misura aggiuntiva – sottolineano – dovrebbe basarsi su un’analisi approfondita da parte della Commissione del deficit di finanziamento rimanente e non dovrebbe essere introdotto alcun nuovo finanziamento”. Una posizione ben nota che contrasta però con quanto chiesto da Paesi più grandi, Italia e Francia in testa. La preoccupazione è che, se si lascia troppo il boccino in capo ai Paesi membri, attraverso gli aiuti di Stato che peraltro la Commissione vuole riformare, chi avrà più spazio di bilancio farà di più, distorcendo il mercato unico.

I sette però affermano anche di credere “fermamente” nella capacità dell’Ue di trovare soluzioni ai problemi posti dall’IRA americano “continuando le discussioni con gli Stati Uniti”. Gli Usa “sono e restano un partner eccezionalmente importante per l’Ue” e “l’approfondimento delle relazioni commerciali e di investimento dell’Ue con gli Stati Uniti è per noi una priorità”. Infine notano come “la sicurezza delle forniture critiche è importante per il mercato interno in questi tempi di incertezza” e va garantita “senza aumentare inutili barriere al commercio” (27 gennaio).

La Commissione non finanzierà la costruzione di un muro tra Bulgaria e Turchia

Bruxelles (ANSA) – La Commissione europea non finanzierà la costruzione di un muro tra la Bulgaria e la Turchia. Lo ha chiarito il portavoce Eric Mamer nel corso di un briefing con la stampa. “La Commissione non finanzierà – ha spiegato -. Spetta agli Stati membri determinare quali sono i modi migliori per adempiere ai loro obblighi di protezione delle frontiere. L’Ue è lì per sostenerli in questo quadro. La Commissione finanzia misure e azioni, che contribuiscono alla buona protezione dei suoi confini, comprese le infrastrutture mobili e fisse” ma “non finanzierà la costruzione di muri”.

Con “muro”, ha aggiunto, “stiamo parlando di una infrastruttura fissa che tiene fuori le persone”. “Quando si parla di recinzioni è una cosa diversa. Ma al di là delle parole stiamo parlando del fatto che (non) finanzieremmo una infrastruttura che consideriamo un muro, cioè qualcosa che tiene fuori le persone”. Va ricordato che “in ogni caso gli Stati membri hanno l’obbligo di garantire che le persone che cercano un rifugio sicuro in Europa possano venire in Europa a registrare la richiesta di asilo, quindi si tratta di questioni che non sono semplicemente bianche o nere” (27 gennaio).

Orban, ‘non permetteremo sanzioni contro nucleare russo’

Bruxelles (ANSA) – Nuovo affondo del premier ungherese, Viktor Orban, contro la politica delle sanzioni messa in campo dall’Ue contro la Russia. Nella consueta intervista a Kossuth Radio, Orban ha annunciato il veto di Budapest ad eventuali misure restrittive sull’energia nucleare russa. “Non permetteremo che venga attuato il piano di includere l’energia nucleare nelle sanzioni” ha spiegato. Su tali misure “va ovviamente posto il veto. Questo è fuori questione”. La Commissione europea sta lavorando a un nuovo pacchetto di sanzioni, il decimo, che prevede di licenziare in concomitanza con il primo anniversario della guerra russa contro l’Ucraina, il 24 febbraio. Alcuni Paesi, la Polonia in primis, vorrebbero inserire delle misure che puntano a colpire il settore nucleare, in particolare il colosso energetico russo Rosatom, come chiesto a più riprese da Kiev. Budapest, tuttavia, ha pianificato una ristrutturazione della sua centrale nucleare di Paks con Rosatom, rimasta finora esente dalle sanzioni Ue (27 gennaio).

Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.