Bruxelles (ANSA) – La prima a evocare il modello-vaccini per fornire le preziose munizioni da 155mm all’Ucraina è stata la premier estone Kaja Kallas, durante lo scorso Consiglio Europeo. Problema. I trattati vietano di usare il bilancio Ue per l’acquisto di armi. Soluzione. Passare, di nuovo, attraverso il Fondo Europeo per la Pace (Epf) con una nuova tranche da un miliardo di euro. Per risolvere però il pressante problema dell’approvvigionamento, il Servizio europeo di azione esterna (Seae) ha stilato un piano che finirà sul tavolo del Consiglio Difesa della settimana prossima a Stoccolma.
Tre i livelli d’intervento: il primo consiste nel donare le munizioni a Kiev e ottenere il rimborso dall’EPF per un controvalore di un miliardo; il secondo, punta ad affidare all’Agenzia Europea per la Difesa (Eda) la regia degli acquisti comuni così da “aggregare la domanda” e stimolare la produzione: 26 Stati membri su 27 (manca solo la Danimarca) sarebbero già d’accordo. Nell’Ue solo 12 aziende (in nove Paesi) sono in grado di fabbricare le munizioni da 155mm e su di queste si concentreranno gli ordini, che saranno attivati nella pratica da un “accordo di progetto” firmato da “almeno” tre Paesi Ue. “Siamo sul punto di vedere una grande coalizione tra Paesi Ue sugli appalti congiunti per fornire munizioni all’Ucraina: si tratta di un cambiamento profondo di approccio e avrà conseguenze importanti anche sulla difesa comune”, ha detto un alto funzionario Ue che segue da vicino il dossier.
Il terzo piano è aumentare la capacità produttiva del comparto della difesa europea, anche mettendo in rete “i vari strumenti” a disposizione della Commissione. Stando ad alcune fonti diplomatiche, il piano del Seae ha sollevato non poche “perplessità” tra i 27. Un conto, infatti, è l’urgenza nella fornitura delle munizioni a Kiev, un altro i colli di bottiglia della produzione europea o, in generale, le procedure di appalto congiunto: rafforzare il complesso militare-industriale blustellato è prioritario per alcuni membri (Francia in testa) ma non per altri (2 marzo).
Von der Leyen, dall’Ue 5700 pannelli solari all’Ucraina
BRUXELLES – “Ho promesso di lavorare con l’Ucraina sulle fonti di energia rinnovabili, importanti per la sua sicurezza energetica. Ora lo facciamo: un primo lotto di 5.700 pannelli solari sarà presto inviato all’Ucraina. Grazie Kadri Simson per aver lavorato con l’industria su questo tema – sono sicura che arriveranno altre donazioni”. Lo annuncia in un tweet la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Simson, l’ad di Enel Francesco Starace, e il Ministro dell’Energia ucraino German Galushchenko si sono incontrati oggi in formato ibrido per accogliere l’impegno di Enel a donare all’Ucraina i pannelli. I pannelli fotovoltaici (PV) sono da 350 Watt ciascuno, per una capacità totale di circa 2 MW. I pannelli fotovoltaici donati copriranno fino a 11.400 metri quadrati di tetti suddivisi tra diversi edifici pubblici in Ucraina. La consegna è prevista entro l’estate del 2023, spiega la Commissione.
“Il progetto – sottolinea la commissaria all’Energia, Kadri Simson – dà il via a un’iniziativa più ampia per aumentare la sicurezza energetica dell’Ucraina sviluppando le sue capacità rinnovabili. È una dimostrazione della solidarietà europea in azione e di come gli investimenti nella produzione di tecnologie pulite possano rendere l’Europa più sicura e indipendente dal punto di vista energetico. Sono molto grata a Enel per questa generosa donazione all’Ucraina. Ancora una volta, Enel si dimostra all’avanguardia, non solo come azienda all’avanguardia nell’innovazione delle tecnologie pulite, ma anche per la sua responsabilità sociale d’impresa. Siamo orgogliosi che i pannelli solari prodotti nell’Ue contribuiranno ad aumentare la sicurezza energetica di scuole, ospedali e altri edifici pubblici in Ucraina” (3 marzo).
Accordo a Leopoli, nasce il Centro internazionale per il perseguimento del crimine d’aggressione contro l’Ucraina
Bruxelles (ANSA) – A Leopoli, nel quadro della Conferenza ‘Uniti per la Giustizia’, è stato firmato l’accordo per dar vita al Centro Internazionale per il Perseguimento del Crimine di Aggressione contro l’Ucraina (o Icpa), già annunciato a suo tempo dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. “È un passo importante, dobbiamo fare tutto il possibile per consegnare i colpevoli alla giustizia: Putin dovrà assumersi le sue responsabilità”, ha commentato in un videomessaggio von der Leyen.
A Leopoli, a rappresentare l’Ue, c’era invece la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, che l’anno passato fu la prima tra i vertice dell’Ue a recarsi in visita a Kiev. “È bello essere di nuovo in Ucraina”, ha commentato. “Non ci può essere pace senza responsabilità. Non ci può essere pace senza libertà, giustizia e dignità: l’appeasement non ha mai funzionato”, ha detto la presidente. L’Icpa sarà basato all’Aia, sarà collegato alla Squadra Investigativa Comune (o Jit) creata presso Eurojust, che garantirà il corretto svolgimento delle indagini, e sarà operativo “entro l’estate”.
“Per quanto riguarda i procedimenti giudiziari, nel novembre dello scorso anno la Commissione europea ha presentato una serie di opzioni per garantire la responsabilità e sono attualmente in fase di discussione più approfondita”, ha detto il commissario alla Giustizia Didier Reynders, anche lui a Leopoli. “Per quanto riguarda il crimine di aggressione, gli Stati membri dell’Ue sono concordi nel ritenere che questo crimine non debba rimanere impunito” (4 marzo).
Accordo all’Onu sulla protezione degli Oceani, Ue: ‘momento storico’
Washington (ANSA) – Accordo storico all’Onu per il primo trattato internazionale a protezione dell’alto mare, quello che a oltre 200 miglia nautiche dalle coste esula dalle giurisdizioni nazionali e rappresenta i due terzi degli oceani, costituendo un ecosistema vitale per l’umanità. “La nave ha raggiunto la riva”, ha annunciato la presidente della conferenza Rena Lee, tra i lunghi applausi dei delegati. Il disco verde è arrivato dopo oltre 15 anni di discussioni, di cui quattro di negoziazioni formali, e una maratona finale di 48 ore al Palazzo di Vetro.
L’intesa è stata accolta come una svolta storica e decisiva per l’attuazione dell’impegno ’30×30′ preso alla conferenza Onu di dicembre sulla biodiversità, per proteggere un terzo dei mari (e delle terre) entro il 2030. Finora non esistevano meccanismi legali per creare aree protette marine (Mpa) nelle acque internazionali difendendo la fauna e condividendo le risorse genetiche. Benché rappresenti i due terzi degli oceani e quasi la metà del pianeta, l’alto mare – minacciato da inquinamento, acidificazione delle acque e pesca eccessiva – è stato a lungo ignorato nelle battaglie ambientali.
L’Ue ha promesso a New York 40 milioni di euro per facilitare la ratifica del trattato e la sua prima attuazione. “Una vittoria per il multilateralismo e per gli sforzi globali per contrastare le tendenze distruttive che minacciano la salute degli oceani, oggi e per le generazioni a venire”, ha commentato il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Plauso pure da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e del commissario europeo per l’Ambiente Virginijus Sinkevicius. “Una buona notizia anche per l’Italia”, hanno commentato il ministro per le Politiche del mare Nello Musumeci e il titolare dell’Ambiente Gilberto Pichetto, invitando ora ad un maggiore impegno contro l’inquinamento del Mediterraneo (5 marzo).
Lagarde conferma il rialzo dei tassi, l’inflazione non è ancora vinta
Roma (ANSA) – L’inflazione non “è ancora vinta” e gli ultimi dati su prezzi e andamento dell’economia supportano l’annunciato nuovo aumento dei tassi previsto per la riunione del 16 marzo che li porterà al 3,5%. La presidente della Bce Christine Lagarde, in un’intervista a media spagnoli, giudica “molto, molto probabile” la nuova stretta e non si sbilancia sul quando Francoforte allenterà la presa, ma chiede uno sforzo a banche e governi per mitigare gli impatti di prezzi ancora elevati e rate dei mutui variabili in decisa crescita.
Il mercato, da Goldman Sachs a Bank of America, scommette su un rialzo dei tassi fino al 4% alla fine di quest’anno anche perché finora la Bce non è ancora riuscita a riportare l’inflazione sotto controllo. E se il pil dell’eurozona, malgrado gli effetti della crisi Ucraina e del caro energia, sembra rallentare ma non cedere, effetti consistenti si abbattono su alcune fasce della popolazione. La Bce e le banche centrali hanno più volte chiesto ai governi “misure mirate” e temporanee per i soggetti più deboli senza però ‘agganciare’ in automatico pensioni e retribuzioni all’indice dei prezzi. Lagarde ha ammonito ancora una volta che questo “nel passato ha generalmente contribuito ad alimentare l’inflazione che è poi finita fuori controllo”.
E poi c’è il tema dei mutui. La presidente Bce chiede alle banche uno sforzo nel loro stesso interesse e non “per beneficienza” nel rinegoziare i prestiti. Si eviterebbe così di mettere in difficoltà i loro debitori e di dover poi iscrivere a bilancio i crediti deteriorati. In Italia sui 426 miliardi di stock dei mutui, quelli a tasso variabile sono una minoranza (il 40% a settembre 2022) e molti presentano un tetto massimo. Chi non ha voluto o potuto rinegoziarlo sta affrontando un aumento del costo della rata pesante che, in un anno, può aver raggiunto i 200 euro. La crescita dei tassi peraltro sta scoraggiando molte famiglie a minor reddito a chiedere i prestiti, restringendo così il mercato immobiliare che, come dimostra l’ultimo sondaggio della Banca d’Italia, è improntato a “prospettive sfavorevoli” (5 marzo).
Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.