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Bruxelles (ANSA) – L’ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri, l’anima dello scandalo di corruzione che dall’inizio di dicembre sta facendo tremare il Parlamento europeo, dopo un mese di carcere ha deciso di scendere a patti con la giustizia belga siglando un memorandum di collaborazione che lo rende a tutti gli effetti un pentito. In cambio per lui una pena limitata a un anno di reclusione contro i cinque previsti, una multa e la confisca di beni per circa un milione di euro.

Un’evoluzione “importante” e storica per la procura belga, che con l’aiuto dell’ex eurodeputato di Articolo Uno può ora dare nuovo slancio alle indagini. Ma che tiene con il fiato in sospeso quel manipolo di politici e funzionari Ue finiti via via sui verbali delle confessioni degli arrestati. A partire dal belga Marc Tarabella, che – ha rivelato lo stesso Panzeri – nel giro di soldi sporchi avrebbe ricevuto a rate una somma compresa tra 120mila e 140mila euro. Panzeri avrebbe anche invitato a verificare la posizione dell’europarlamentare dem Andrea Cozzolino, senza però indicare versamento di denaro. Cozzolino sarebbe stato corrotto “indirettamente”.

Il tutto con l’aiuto del braccio destro dell’ex europarlamentare lombardo, Francesco Giorgi, finito in carcere insieme alla compagna, l’ex vicepresidente dell’Europarlamento Eva Kaili. Nei prossimi giorni i riflettori sono puntati proprio sulla coppia detenuta nelle prigioni di Haren e Saint-Gilles, agli angoli opposti della capitale belga, con una figlia di due anni lasciata in custodia al nonno materno. La prossima ad essere attesa davanti alla Camera di consiglio è la politica greca, giovedì 19. Il suo avvocato, Mihalis Dimitrakopoulos, arriverà con un volo direttamente da Atene e, ha preannunciato, avrà “qualcosa di molto importante da dire” (17 gennaio).

Pressing su Berlino per via libera all’esportazione dei carri armati Leopard

Bruxelles (ANSA) – Gli alleati della Nato hanno davanti una settimana piena, che passa attraverso una riunione del Comitato militare nella sessione dei Capi di Stato Maggiore della Difesa al quartier generale di Bruxelles e sfocia venerdì nel vertice a guida Usa del gruppo di contatto sugli aiuti all’Ucraina, dove a fare gli onori di casa, presso la base militare di Ramstein, sarà il segretario della Difesa americano Lloyd Austin. Gli alleati discuteranno della nuova tranche di sostegno militare a Kiev e con ogni probabilità Berlino si troverà sotto pressione per dare il via libera all’esportazione dei carri armati Leopard ai partner che intendono donarli all’Ucraina.

A fare da apripista c’è la Gran Bretagna. Londra ha annunciato che fornirà 14 tank Challenger 2 e 30 AS90 (pezzi d’artiglieria semoventi corazzati), con il chiaro intento di mostrare ai riluttanti tedeschi che questo è il momento di abbandonare gli indugi. L’annuncio del premier Rishi Sunak ha dato il via a un’intensa attività diplomatica britannica, che vedrà il ministro degli Esteri James Cleverly in missione negli Stati Uniti e in Canada mentre il titolare della Difesa, Ben Wallace, si recherà in Germania e in Estonia.

“In assenza di cambiamenti alla dinamica attuale, nessuna delle due parti sarà in grado di fare passi avanti significativi sul campo”, nota una fonte diplomatica occidentale. “Invece questo è il momento di modificare la traiettoria in favore di Kiev, sfruttando le difficoltà che la Russia sta avendo”. Uno scenario possibile, infatti, è che il conflitto si protragga ben oltre il 2023, con conseguenze imprevedibili in termini di costi per gli alleati e di tenuta delle opinioni pubbliche. Il fattore tempo diventa quindi cruciale. E su questo punto, ovvero quanto accelerare la fornitura di mezzi prima considerati tabù, è in corso un acceso dibattito tra gli alleati. (17 gennaio). 

Ursula von der Leyen lancia il piano industriale green al World Economic Forum

Ursula von der Leyen lancia il piano industriale green al World Economic Forum – EPA-EFE/STEPHANIE LECOCQ

Davos (ANSA) – Un piano industriale per il Green Deal europeo basato su due pilastri: il NetZero Industry Act, con cui riscrivere le regole sugli aiuti di Stato in risposta ai sussidi americani, e più in avanti il Fondo Sovrano Europeo. Dopo mesi di accuse per una mancanza di politica industriale, di narrazione di un’Europa che si mette nelle mani della Cina prima ancora di sfilarsi dal cappio del gas russo, Ursula von der Leyen a Davos prova a rilanciare la leadership europea: attaccando i sussidi protezionistici degli Usa e le pratiche commerciali aggressive della Cina.

Un pilastro del piano industriale consisterà in uno sforzo di semplificazione e velocizzazione dei progetti strategici che von der Leyen chiama ‘NetZero Act’ sulla falsariga del Chips Act e accompagnato da un ‘Critical Raw Material Act’ sugli approvvigionamenti di terre rare come il litio per le batterie, su cui finora l’Ue dipende dalla Cina. Servirà un atteggiamento commerciale più assertivo, specie verso la Cina: significa “usare tutti gli strumenti contro pratiche scorrette”, tuona von der Leyen. Il nodo, come sempre, sono i soldi. Nell’attesa del Fondo Sovrano Europeo che “prepareremo nella revisione di medio termine del bilancio quest’anno”, la Commissione propone “di adattare temporaneamente le nostre regole sugli aiuti di Stato per velocizzare e semplificare”: aiuti “mirati per le strutture produttive su catene del valore strategiche, contro i rischi di delocalizzazione creati dai sussidi stranieri”.

Uno schema che ambisce al ‘sì’ di Berlino, ma che rischia di lasciare scontenti i Paesi costretti a risparmiare per l’alto debito. Come l’Italia: “Il semplice allentamento delle regole degli aiuti di Stato – dice il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in una nota sull’Ecofin a Bruxelles – non è una soluzione perché sarebbe sproporzionato avvantaggiare gli Stati membri che godono di un margine di bilancio più ampio, aggravando così le divergenze economiche all’interno dell’Unione e conseguente frammentazione del mercato interno”. Decisiva potrebbe essere la posizione che assumerà la Francia: tre anni fa si schierò con l’Italia e ne scaturirono gli aiuti del Recovery, oggi chissà. 

Il Parlamento europeo chiede di estendere al Marocco le stesse misure applicate al Qatar 

Strasburgo (ANSA) – Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione contro le intimidazioni ai giornalisti in Marocco, in cui si esortano le autorità marocchine a rispettare i diritti dei media, in particolare nel caso di Omar Radi. E passa anche l’emendamento, presentato dal gruppo delle sinistre, che esprime “profonda preoccupazione” per le accuse secondo cui le autorità di Rabat avrebbero corrotto alcuni eurodeputati e chiede per i rappresentanti del Marocco “l’applicazione delle stesse misure applicate ai rappresentanti del Qatar”.

Nel voto sulla risoluzione spicca il no di una nutrita pattuglia di oltre dieci socialisti spagnoli. Si è astenuto l’eurodeputato di Forza Italia, Massimiliano Salini. Più divisivo, nei gruppi del Pe, il voto sull’emendamento della sinistra che chiede l’estensione ai rappresentati del Marocco delle misure già adottate dall’Eurocamera sul Qatar dopo lo scoppio dell’inchiesta: tra queste lo stop all’accesso dei delegati dei due Paesi coinvolti nel caso. Il testo è passato senza i voti di Ecr, i cui eurodeputati, tra i quali gli italiani Carlo Fidanza, Nicola Procaccini, Sergio Berlato, Denis Nesci e Raffaele Stancanelli, hanno optato per l’astensione (19 gennaio).

Gli eurodeputati chiedono di istituire un tribunale internazionale contro Mosca 

Strasburgo (ANSA) – Via libera del Parlamento europeo a una risoluzione che esorta l’Ue a istituire un tribunale internazionale speciale, in stretta cooperazione con l’Ucraina e con la comunità internazionale, e che si occupi di perseguire la leadership politica e militare della Russia e i suoi alleati. Nel testo adottato con 472 voti favorevoli, 19 contrari e 33 astensioni, i deputati affermano che le atrocità commesse dalle forze armate russe a Bucha, Irpin e in molte altre città ucraine rivelano la brutalità della guerra e sottolineano l’importanza di un’azione internazionale coordinata per stabilire la responsabilità secondo il diritto internazionale umanitario. Per gli eurodeputati l’istituzione di tale tribunale colmerebbe la grave lacuna esistente nell’attuale assetto istituzionale della giustizia penale internazionale oltre ad integrare gli sforzi investigativi della Corte penale internazionale, che attualmente non può indagare sul crimine di aggressione contro l’Ucraina (19 gennaio).