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Bruxelles (ANSA) – Il Consiglio Affari Energia convocato oggi avrebbe dovuto trovare una prima intesa sul meccanismo di correzione del mercato proposto dalla Commissione europea insieme all’intero pacchetto sull’emergenza energetica.  Buona parte dei 27 è arrivata al tavolo con posizioni molto critiche sulla proposta del tetto avanzata da Palazzo Berlaymont. 

I 15 Paesi – Italia e Francia inclusi – che avevano sottoscritto a settembre la lettera a favore di un cap al gas hanno avuto una breve riunione prima del Consiglio e hanno concordato una posizione unitaria, quella di non aderire alla proposta dell’esecutivo comunitario. Proposta che la ministra polacca dell’Ambiente, Anna Moskwa, ha definito nettamente “uno scherzo” prima di entrare alla riunione. Ma le riserve giungono anche dai cosiddetti Paesi scettici, che torneranno ad evidenziare la loro preoccupazione per la sicurezza delle forniture.

La Germania, che guida il gruppo dei paesi invece contrari al price cap sul gas, si dice pronta a trattare. “La proposta avanzata dalla Commissione europea è già una sorta di compromesso, sono necessarie alcune modifiche minori, ma in generale va nella giusta direzione. Tuttavia, molti altri Stati membri non sono d’accordo: prendiamo queste critiche sul serio e siamo aperti a negoziare” ha detto il segretario di Stato per l’Economia Sven Giegold.

Più ferma la posizione dell’Olanda. Per Amsterdam la proposta della Commissione Ue comporta “un grande rischio di danneggiare la sicurezza energetica degli approvvigionamenti e anche la stabilità dei mercati finanziari”, ha dichiarato il ministro dell’Energia olandese, Rob Jetten, dicendosi “molto critico su questa proposta, anche se da un punto di vista diverso rispetto ad alcuni miei colleghi” (24 novembre).

Via libera del Parlamento europeo alla risoluzione su ‘Russia Stato sponsor del terrorismo’

Dieses von der staatlichen russischen Nachrichtenagentur Sputnik via AP veröffentlichte Foto zeigt Wladimir Putin, Präsidenten von Russland, als er nach dem Gipfeltreffen der Shanghaier Organisation für Zusammenarbeit (SOZ) zu Journalisten spricht. Ungeachtet der schweren Niederlage seiner Armee im Gebiet Charkiw hat Russlands Präsident weitere Angriffe auf ostukrainische Gebiete angekündigt.
Via libera del Parlamento alla risoluzione su ‘Russia Stato sponsor del terrorismo’ – Foto: Sergei Bobylev/Pool Sputnik Kremlin/AP/dpa

Strasburgo (ANSA) – Il Parlamento europeo approva la risoluzione per riconoscere la Russia come “stato sponsor del terrorismo”. La risoluzione, adottata con 494 voti favorevoli, 58 contrari e 44 astensioni, sottolinea che gli attacchi e le atrocità intenzionali delle forze russe, la distruzione delle infrastrutture civili, e altre gravi violazioni del diritto internazionale e umanitario sono atti di terrore e crimini di guerra. Il testo è passato a larga maggioranza dopo il sì ad alcuni emendamenti alla risoluzione.

Nel testo il Parlamento invita l’Ue a creare un quadro giuridico adeguato per riconoscere gli stati indicati come sponsor del terrorismo istituendo quindi misure nei confronti di Mosca che comportino serie restrizioni nelle relazioni dell’Ue con la Russia. I deputati invitano inoltre il Consiglio ad aggiungere anche l’organizzazione paramilitare “gruppo Wagner” ed il 141esimo Reggimento speciale motorizzato noto anche come “Kadyroviti” nell’elenco dei soggetti terroristici dell’Ue”.

Data l’escalation di atti di terrore del Cremlino contro il popolo ucraino, i Paesi Ue sono esortati a ultimare rapidamente il lavoro del Consiglio sul nono pacchetto di sanzioni contro Mosca. Inoltre, i Paesi Ue dovrebbero prevenire, indagare e perseguire qualsiasi tentativo di aggirare le sanzioni in vigore e, insieme alla Commissione, prendere in considerazione eventuali misure contro i paesi che cercano di aiutare la Russia ad eludere le misure (23 novembre).

L’Ue boccia il piano di riforme dell’Ungheria, fondi coesione a rischio

Bruxelles (ANSA) – La Commissione europea boccia l’attuazione del piano di riforme delle autorità ungheresi concordato con Bruxelles, necessario per sbloccare i fondi europei di coesione nel quadro del meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Con tale procedura, attivata per la prima volta contro l’Ungheria, l’Ue può sospendere i fondi europei destinati ad uno Stato qualora ravvisi delle violazioni dello stato di diritto che hanno o minacciano di avere un impatto negativo sul bilancio comunitario.

Lo scorso settembre palazzo Berlaymont aveva proposto il congelamento del 65% dei fondi di coesione, pari a 7,5 miliardi di euro, se l’Ungheria non avesse dato attuazione entro il 19 novembre a 17 provvedimenti correttivi negoziati da Budapest e Bruxelles, tra cui l’istituzione di un’autorità indipendente anti-corruzione, una riforma degli appalti e altre misure per contrastare la corruzione.

A quanto si apprende, secondo la Commissione europea “i requisiti non sono stati soddisfatti” dalle autorità ungheresi, per cui “il Consiglio dell’Ue verrà informato” della valutazione negativa del Berlaymont. Il Consiglio, che discuterà del tema in occasione della riunione dei ministri europei dell’economia in programma il 6 dicembre, deciderà a maggioranza qualificata se dare seguito al congelamento dei fondi proposto dalla Commissione o meno.

Parallelamente, l’esecutivo comunitario lancerà domani la procedura per l’adozione del piano di ripresa e resilienza ungherese, l’unico a non aver incassato il via libera di Bruxelles, ma lo vincolerà al raggiungimento di 27 ‘super milestones’ sulla falsariga di quanto avvenuto con la Polonia. Questi impegni devono essere “realizzati da Budapest prima che venga effettuato qualsiasi pagamento”. Le ‘super milestones’ sono suddivise a loro volta in sotto categorie: una comprende le 17 misure correttive individuate nel quadro del meccanismo di condizionalità per sbloccare i fondi di coesione; un altro blocco include invece una serie di condizioni da soddisfare che puntano a tutelare l’indipendenza del sistema giudiziario.

A questi impegni, che dovranno essere realizzati rispettivamente entro la fine dell’anno ed entro il primo trimestre del 2023, si aggiungono le condizioni classiche previste per l’esborso dei fondi per la ripresa. Il collegio dei commissari deciderà mercoledì prossimo se approvare o meno il Pnrr ungherese. Anche su questo punto, il Consiglio dell’Ue si pronuncerà il 6 dicembre. Se il Pnrr ungherese non otterrà l’approvazione dell’Ue entro la fine dell’anno, Budapest perderà il 70% dei fondi di ripresa ad essa destinati (23 novembre).

Accordo al fotofinish sulla crisi delle targhe Serbia-Kosovo

Accordo al fotofinish sulla crisi delle targhe Serbia-Kosovo – Photo by Armend NIMANI / AFP

Bruxelles (ANSA) – Tre giorni di tensioni, negoziati serrati e attacchi incrociati. Poi l’intesa al fotofinish: l’Ue è riuscita a mettere d’accordo Serbia e Kosovo intorno ad una proposta che scongiura una nuova escalation nella crisi delle targhe per veicoli che da mesi agita i rapporti tra Belgrado e Pristina. L’accordo è giunto nella notte al termine di una lunga riunione tra i capi negoziatori di Serbia e Kosovo, Petar Petkovic e Besnik Bislimi, mediata dal rappresentante speciale per il dialogo Pristina-Belgrado, Miroslav Lajcak.

“Abbiamo un accordo – ha scritto in un tweet l’alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell -. Sono molto lieto di annunciare che i capi negoziatori di Kosovo e Serbia con la mediazione dell’Ue hanno concordato misure per evitare un’ulteriore escalation e concentrarsi completamente sulla proposta sulla normalizzazione delle loro relazioni”.”La Serbia smetterà di emettere targhe con le denominazioni delle città del Kosovo e il Kosovo cesserà ulteriori azioni relative alla reimmatricolazione dei veicoli”, ha spiegato Borrell, annunciando di aver invitato “le parti nei prossimi giorni a discutere i prossimi passi”.

Nei giorni scorsi il capo della diplomazia europea aveva convocato una riunione di emergenza con il presidente serbo, Aleksandar Vucic, ed il premier kosovaro, Albin Kurti, per trovare una soluzione alla crisi delle targhe. La riunione, tenutasi lunedì scorso, si era conclusa con un nulla di fatto. Sotto pressione di Washington, Pristina aveva poi rinviato di 48 ore la decisione di multare i cittadini che non sono in regola con l’obbligo di reimmatricolazione delle auto con targa serba, in vigore dal primo novembre. Le multe sarebbero dovute scattare oggi (24 novembre).

Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.