Bruxelles / Washington (ANSA) – Le sanzioni degli Usa alla Corte Penale Internazionale sono state condannate da 79 Paesi membri dell’Onu con una dichiarazione congiunta in cui si sostiene che “comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo”, oltre ad “aumentare il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciare di erodere lo stato di diritto internazionale”.
Tra i firmatari, figurano Germania, Francia, Spagna e Regno Unito, ma non l’Italia. Tra i critici delle sanzioni Usa, anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che sui canali social ha precisato come il Tribunale dell’Aja garantisca “la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l’impunità globale”.
“L’Europa – ha puntualizzato – sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale”. Parole alle quali hanno fatto seguito quelle della presidente della Corte, Tomoko Akane. “Le sanzioni di Trump sono “un grave attacco al diritto internazionale” e “mirano a minare la capacità della Corte di amministrare la giustizia in tutte le situazioni”, ha spiegato la giudice giapponese.
L’episodio piomba in un momento di profondo attrito tra Roma e la Corte dell’Aja, con quest’ultima attaccata pubblicamente dal ministro della Giustizia Carlo Nordio in Parlamento e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha evocato un’indagine nei confronti della Cpi per il suo atteggiamento sul caso Almasri, il comandante libico rilasciato dall’Italia nonostante la Corte avesse spiccato nei suoi confronti un mandato d’arresto accusandolo di crimini di guerra e contro l’umanità.
Nel frattempo la Cpi è corsa ai ripari incontrando, giovedì, i vertici Ue. Chiedendo ed ottenendo un sostegno concreto da parte delle istituzioni. Con l’uso, ad esempio, del cosiddetto Statuto di Blocco, che permette di contrastare gli effetti di sanzioni imposte da normative extraterritoriali. E con un principio base, che Akane ha voluto ribadire erga omnes: “La Cpi rifiuta ogni tentativo di politicizzare il suo ruolo” (7 febbraio).
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