Laghi, ruscelli, fiumi, sorgenti…: le acque superficiali in Europa si trovano in una situazione sanitaria “critica”, avverte un rapporto della Commissione Europea, che cerca risorse per affrontare l’inquinamento.
“Solo il 39,5% della massa delle acque superficiali nell’Unione Europea era in buono stato ecologico e il 26,8% in buono stato chimico” nel 2021, rispetto al 33,5% nel 2015.
“Ciò è dovuto principalmente alla grave inquinamento da mercurio e altre sostanze inquinanti tossiche”, spiega la Commissione Europea.
Al contrario, la falda acquifera ha conosciuto un leggero miglioramento: l’86% della massa delle acque sotterranee era in buono stato chimico nel 2021, rispetto all’82,2% nel 2015.
Il rapporto della Commissione Europea stima che gli stati membri non riusciranno a raggiungere gli obiettivi europei per la qualità delle acque entro il 2027.
Incaricata dell’Ambiente, la commissaria europea Jessica Roswall è prevista per presentare nei prossimi mesi una “strategia per la protezione delle acque”.
Ha anche promesso di presentare entro la fine dell’anno una proposta per modificare la legge sulle sostanze chimiche in Europa (Reach) e per affrontare meglio le PFAS (sostanze perfluoroalchiliche), gli eterni inquinanti sintetici che contaminano l’acqua.
L’Unione Europea vorrebbe vietare le PFAS nei prodotti di consumo quotidiano “come le scatole della pizza o i vestiti impermeabili”, ha spiegato la commissaria europea svedese ai giornalisti. Dalla proibizione potrebbero essere eventualmente esclusi alcuni prodotti considerati essenziali e riguardanti principalmente il settore medico.
L’ambiente, la decontaminazione delle PFAS “costerà molti soldi”, ammette Jessica Roswall e si riferisce al ruolo che le aziende innovative possono svolgere qui.
La battaglia si prevede aspra in primavera nei ranghi dell’Unione Europea nella negoziazione del prossimo quadro finanziario pluriennale per il periodo 2028-2034.
Per l’ambiente “dobbiamo essere più innovativi in termini di finanziamento”, dichiara la commissaria e menziona i “nature credits” che i coltivatori o i proprietari di foreste ecologicamente “virtuosi” possono guadagnare e reinvestire.
Variante dei controversi crediti di carbonio, l’idea dei “crediti per la natura” o “crediti per la biodiversità” è accolta con grande scetticismo dalle ONG, che temono una nuova “finanziarizzazione” dell’ambiente. (4/2/2025)