Bruxelles (ANSA) – La legge ungherese sulla protezione dei minori, considerata discriminatoria nei confronti delle persone Lgbt, viola il diritto dell’Ue. Lo afferma l’avvocata generale della Corte di Giustizia dell’Ue Tamara Ćapeta in un parere non vincolante nella causa intentata dalla Commissione europea a cui hanno aderito 15 Stati membri – in quella che è la più grande procedura sulla violazione dei diritti umani mai portata davanti al Giudice europeo.
Oggetto del parere è una legge approvata dal Parlamento ungherese nel 2021 che ha introdotto svariate modifiche a diversi atti legislativi nazionali con cui, allo scopo di tutelare i minori, in effetti si vieta o si limita l’accesso a contenuti che presentano o promuovono identità di genere non corrispondenti al sesso assegnato alla nascita, cambiamento di sesso e omosessualità.
La legge impugnata era stata anche oggetto di un referendum nell’aprile 2022 per mobilitare l’elettorato a favore della posizione del governo di Viktor Orban, senza però riuscire a raggiungere il quorum necessario a rendere valida la votazione. Definita “vergognosa” dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la legge è valsa anche a Budapest il deferimento alla Corte Ue.
In un ricorso per inadempimento, Palazzo Berlaymont ha chiesto alla Corte di dichiarare che Budapest ha violato il diritto europeo su tre diversi livelli: il diritto primario e derivato relativo al mercato interno dei servizi, il regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr), vari diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e l’articolo 2 Tue che enuncia i valori fondamentali dell’Unione.
L’avvocata generale ha proposto alla Corte di dichiarare che il ricorso è fondato per quanto riguarda tutti i motivi. Secondo Ćapeta, l’Ungheria non ha fornito alcuna prova del rischio potenziale di danno dei contenuti, che descrivono la vita ordinaria delle persone Lgbti, al sano sviluppo dei minori. Per questo la legge si base su un giudizio di valore secondo cui la vita omosessuale e non cisgender non hanno pari valore o status.
L’avvocata generale ha ritenuto inoltre che la Corte dovesse constatare una violazione a sé stante dell’articolo 2 Tue, sostenendo che l’Ungheria, rimettendo in discussione l’uguaglianza delle persone Lgbti, non abbia manifestato un disaccordo o una divergenza in merito al contenuto dei valori dell’Unione, ma avesse negato molti dei valori fondamentali, discostandosi notevolmente dal modello di democrazia costituzionale, riflesso nell’articolo 2 Tue.
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