Bruxelles (ANSA) – I 27 rappresentanti permanenti presso l’Ue hanno approvato l’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia dopo settimane di negoziati. Grecia e Ungheria, che avevano sollevato obiezioni per la presenza di alcune loro aziende nella lista nera ucraina, hanno infatti ritirato il veto e così le misure restrittive sono state approvate. Il pacchetto è dedicato principalmente a combattere l’elusione della sanzioni, dato che il consenso tra gli Stati membri su ulteriori settori da penalizzare ormai è arrivato ai limiti dell’agibilità politica.
L’Ue sta allora cercando di reprimere la riesportazione in Russia, attraverso Paesi terzi, di tecnologie sensibili che possono essere utilizzate sul campo di battaglia, come i microchip. I funzionari europei si sono lamentati del fatto che Paesi come la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti e gli Stati ex sovietici del Caucaso e dell’Asia centrale hanno visto un enorme aumento delle merci sanzionate importate – anche le aziende di Armenia, Iran, Uzbekistan ed Emirati Arabi Uniti sono nell’elenco di quelle soggette a restrizioni all’esportazione.
L’Ue sta dunque introducendo una misura che le consenta di limitare alcune esportazioni verso gli Stati che non collaborano così come un divieto di accesso ai suoi porti per le navi sospettate di aver ricevuto trasferimenti segreti di petrolio russo in mare. Per quanto riguarda Pechino, l’attenzione era concentrata su otto aziende – cinque continentali e tre registrate a Hong Kong – e l’idea era di includerle nella lista nera. Ora quelle puramente cinesi sono state escluse. Chi ha seguito il dossier nota come le società di Hong Kong fanno in realtà capo a “entità russe” mentre per le restanti Pechino e Bruxelles avrebbero trovato “un accordo” sul loro operato. A perdere, insomma, sarebbe stata sostanzialmente Mosca (21 giugno).
L’Ue chiederà a Paesi 66 miliardi in più per il bilancio
Bruxelles (ANSA) – L’Ue chiederà ai 27 Stati membri “66 miliardi” in più per la revisione del bilancio pluriennale europeo. Lo ha annunciato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, spiegando le nuove priorità che si sono aggiunte per Bruxelles a quelle precedenti: Ucraina, immigrazione e competitività tecnologica. “Siamo in un contesto completamente differente rispetto al 2020 e queste crisi hanno avuto una ripercussione sul nostro bilancio, ne abbiamo esaurito la flessibilità. Abbiamo dovuto dare nuove priorità ai nostri fondi” ha spiegato von der Leyen annunciando la proposta per una revisione del bilancio pluriennale. “Sull’Ucraina proponiamo un sostegno di “50 miliardi” dal bilancio comune, sulla migrazione “abbiamo proposto un aumento del budget di 15 miliardi”.
Su quest’ultimo punto, von der Leyen ha sottolineato la necessità di “risposte rapide”. “Proponiamo di dotare i nostri Stati membri di sostegni finanziari per rafforzare la gestione dei confini esterni. Dobbiamo lavorare più intensamente sul nostro vicinato per sostenere lo sviluppo economico. Abbiamo bisogno di più fondi per i rifugiati siriani in Siria, Libano, Giordania e Turchia, per la rotta migratoria meridionale e per quella balcanica, per i nostri partner nel mondo e per mantenere la nostra capacità di reagire alle crisi umanitarie e ai disastri naturali”, ha aggiunto.
“I prestiti all’Ucraina saranno garantiti dalle nostre riserve del bilancio, mentre per le sovvenzioni ci sarà una riserva ah hoc. I prestiti saranno 32 miliardi, mentre 17 saranno le sovvenzioni”, ha detto il commissario Ue al Bilancio Johannes Hahn presentando i vari aspetti della revisione del bilancio pluriennale europeo proposta dalla Commissione.
Italia e altri 6 Paesi contro il regolamento sul ripristino degli ecosistemi
Bruxelles (ANSA) – Avanza senza l’appoggio dell’Italia e di altri 6 Paesi l’iter legislativo del regolamento Ue sul ripristino degli ecosistemi. Oggi il Consiglio ambiente dell’Ue riunito a Lussemburgo ha approvato con uno stretto margine di maggioranza la sua posizione sul provvedimento che negli ultimi mesi è diventato un catalizzatore dell’insoddisfazione contro alcune ricette del Green Deal europeo. Il progetto di regolamento presentato dalla Commissione europea proponeva essenzialmente di passare dalla protezione al recupero degli ambienti naturali attraverso Piani nazionali e target quantitativi generali e per specifico ecosistema ( dai mari alle terre agricole e alle città).
Il testo presentato dalla presidenza svedese ha ridimensionato in modo significativo le ambizioni della Commissione ma questo non è bastato a superare le riserve di un nutrito gruppo di Paesi. “Serve un provvedimento cruciale” che sia “sostenibile da tutte le categorie interessate, come per i settori dell’agricoltura e della pesca”, ha evidenziato in Consiglio il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, sottolineando che “il testo così com’è non fornisce le necessarie garanzie di efficacia e applicabilità”.
Per Roma “la perplessità più forte” riguarda i finanziamenti. “Le risorse necessarie per l’attuazione del regolamento devono essere chiarite e disponibili prima che lo stesso entri in vigore”, ha scandito il ministro esprimendo “la contrarietà” dell’Italia al testo. Per motivi diversi anche Polonia, Finlandia e – una prima assoluta per un testo del Green Deal – i Paesi Bassi, si sono espressi contro il compromesso. Altro fatto più unico che raro, la Svezia non ha sostenuto il testo elaborato dalla sua presidenza.
Austria e Belgio, infine, si sono astenute per problemi di attribuzione di competenza dei diversi livelli di amministrazione. Ora la palla torna all’Europarlamento, che il 27 giugno proverà ancora a trovare una maggioranza per votare la sua posizione negoziale in commissione ambiente. Il primo tentativo, la settimana scorsa, è sfociato in un caos e alla paralisi dei lavori. C’è perfetta parità numerica tra chi da un lato vorrebbe il rigetto integrale della proposta, come il Ppe, l’Ecr, Id, e i liberali tedeschi e olandesi. E chi invece vorrebbe approvarlo e andare avanti – Verdi, gli S&D, la Sinistra e il resto dei liberali, principalmente francesi (20 giugno).
Il giudice Claise lascia la guida dell’inchiesta sul Qatargate
Bruxelles (ANSA) – Il giudice istruttore Michel Claise ha deciso di lasciare la guida dell’inchiesta sul cosiddetto Qatargate. Lo rende noto la procura federale belga. “In via cautelare e per consentire alla giustizia di continuare serenamente il suo lavoro e di mantenere una necessaria separazione tra vita privata e familiare e responsabilità professionali, il giudice istruttore Michel Claise informa di aver deciso questa sera di ritirarsi dal fascicolo”, scrive la procura in una nota, evidenziando che nel dossier “di recente sono comparsi alcuni elementi” che “potrebbero sollevare alcune domande sul funzionamento oggettivo dell’indagine”.
La decisione, viene evidenziato nella nota, è stata presa “nonostante l’assenza di elementi effettivi che possano mettere in dubbio la correttezza di ogni persona coinvolta e il lavoro sostanziale che lo stesso giudice e gli inquirenti hanno svolto in questo caso”. Con il ritiro di Claise dal caso, “sarà quindi un altro giudice istruttore, già più volte intervenuto in precedenza nel caso, ad assumere la direzione delle indagini”.
Secondo quanto rivelato dal quotidiano belga Le Soir, il potenziale conflitto di interessi che ha portato il giudice a lasciare le indagini riguarda il figlio maggiore, Nicolas, in affari dal 2018 con il figlio dell’eurodeputata Maria Arena, mai indagata ma finita più volte al centro delle vicende riguardanti l’inchiesta di corruzione. Il figlio di Claise ha co-fondato “in quote paritetiche con altri cinque azionisti”, tra i quali Ugo Lemaire, figlio di Arena, “la società Brc&Co, specializzata nella vendita di cbd, la cannabis venduta legalmente”. Una società della quale i due sono ancora oggi co-azionisti.
Le informazioni sono state portate alla luce dal legale di Marc Tarabella, Maxim Toeller, costringendo il giudice a lasciare il caso. Sul lavoro di Claise pesano mesi di critiche da parte dell’opinione pubblica per le sue maniere forti nel disporre lunghi mesi in carcere per gli indagati, tra i quali anche l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, trattenuta nella prigione di Haren per oltre quattro mesi lontana dalla figlia di due anni (19 giugno).
Qatargate, Cozzolino torna libero dopo quattro mesi
Bruxelles (ANSA) – L’eurodeputato Andrea Cozzolino, indagato nell’inchiesta sul cosiddetto Qatargate, è stato rilasciato. Accompagnato dai suoi legali, il politico ha lasciato la sede della procura federale a Bruxelles dopo un interrogatorio di cinque ore con il nuovo giudice istruttore Aurélie Dejaiffe. “Ha risposto a tutte le domande, negando ogni addebito”, ha spiegato il suo difensore, Federico Conte, precisando che l’eurodeputato, al pari di altri indagati rilasciati nelle settimane scorse, dovrà rispettare alcune prescrizioni, tra cui l’obbligo di restare a disposizione delle autorità e di comunicare l’eventuale intenzione di lasciare il Belgio.
Cozzolino era stato raggiunto lo scorso 10 febbraio, mentre si trovava a Napoli, da un mandato d’arresto europeo spiccato dal giudice istruttore Michel Claise. Da quel momento l’eurodeputato, sospeso dal Pd, ha trascorso oltre quattro mesi in detenzione preventiva nella sua abitazione campana. Lunedì, dopo la revoca dei domiciliari, si era recato a Bruxelles per essere ascoltato dagli inquirenti, che lo avevano posto in stato di fermo.
Al termine dell’ultimo interrogatorio, il nuovo giudice istruttore Aurélie Dejaiffe – subentrata ieri a Claise alla guida delle indagini – ne ha disposto il rilascio. All’uscita dai locali della procura federale belga, l’europarlamentare ha preferito non rilasciare dichiarazioni. Cozzolino, ha evidenziato il legale che lo accompagnava, “si è difeso da tutti addebiti, contestandoli puntualmente punto per punto, negando di aver ricevuto soldi e di aver mai fatto parte di un’associazione criminale”. Tra le altre prescrizioni previste nel provvedimento di rilascio, vi è anche l’obbligo di non avere contatti con le altre persone indagate (21 giugno).
Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.