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Bruxelles (ANSA) – A sostegno dell’attuazione del memorandum d’intesa con le autorità tunisine la Commissione europea annuncia oggi 60 milioni di sostegno al bilancio per la Tunisia e un pacchetto di assistenza operativa sulla migrazione per circa 67 milioni di euro, che saranno esborsati nei prossimi giorni, contrattualizzati e consegnati in tempi brevi. Questo primo pacchetto si basa sulla stretta cooperazione con Tunisi per quanto riguarda la repressione delle reti di trafficanti illegali.

Lo ha annunciato la portavoce dell’esecutivo comunitario Ana Pisonero durante il briefing quotidiano con la stampa. La Commissione “sta accelerando sia i programmi in corso che le azioni nell’ambito dell’assistenza” collegata al memorandum, ha spiegato. “Ci aiuteranno ad affrontare la situazione urgente che vediamo oggi a Lampedusa, in linea anche con il piano in 10 punti” annunciato. “Il pacchetto che annunciamo oggi combina sia l’assistenza in corso e nuova assistenza nell’ambito del pacchetto di sostegno”.

“I sostegni per quasi 67 milioni per le azioni migratorie saranno aggiudicati e consegnati rapidamente”, ha aggiunto. Siamo “impegnati a portare avanti l’attuazione del memorandum dando priorità, nel campo della cooperazione in materia di migrazione, alla repressione delle reti di trafficanti e intensificando l’assistenza dell’Ue per lo sviluppo delle capacità delle autorità di contrasto tunisine, nonché il sostegno ai rimpatri dei volontari e al reinserimento dei migranti migranti nei loro paesi di origine nel pieno rispetto” (22 settembre).

La Corte di giustizia dell’Ue boccia i respingimenti al confine in Francia

Bruxelles (ANSA) – La Corte di giustizia dell’Unione europea boccia i respingimenti dei migranti da parte della Francia alle frontiere interne. In una sentenza sul ricorso di diverse associazioni francesi, i giudici di Lussemburgo evidenziano che “la direttiva Ue ‘rimpatri’ va sempre applicata, anche nel caso di controlli ai confini interni” ripristinati temporaneamente da uno Stato membro. I migranti irregolari, evidenzia la Corte Ue, devono pertanto poter “beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. L’allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza”.

Nel caso in cui un Paese membro decida di ripristinare temporaneamente i controlli alle frontiere interne, sottolineano i togati di Lussemburgo, un governo nazionale può sì adottare un provvedimento di respingimento “sulla sola base del codice di Schengen”, ma “ai fini dell’allontanamento” dei migranti irregolari è comunque tenuto a rispettare “le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva ‘rimpatri'”. La direttiva comunitaria in questione, spiega la Corte Ue, “si applica a qualunque cittadino di un Paese terzo che sia entrato nel territorio di uno Stato membro senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza”, e vale anche qualora un migrante “sia entrato” in detto territorio nazionale “ancor prima di aver attraversato un valico di frontiera in cui i controlli vengono effettuati”.

“Solo eccezionalmente la direttiva ‘rimpatri’ consente agli Stati membri di escludere i cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare” e, precisano ancora i giudici, “se è vero che ciò avviene in particolare quando” i migranti “sono sottoposti a una decisione di respingimento ad una frontiera esterna di uno Stato membro, lo stesso non vale quando sono sottoposti a una decisione di respingimento ad una frontiera interna di uno Stato membro, anche qualora siano stati ripristinati i controlli”. La Corte Ue ricorda infine che, stando alla direttiva rimpatri, i Paesi membri “possono trattenere un cittadino di un Paese terzo, in attesa del suo allontanamento, in particolare qualora costituisca una minaccia per l’ordine pubblico” e che possono punire “con la reclusione la perpetrazione di reati diversi” dalla sola circostanza “dell’ingresso irregolare” (21 settembre).

Berlino finanzia le ong per i migranti in Italia, ira di Roma

Berlino/Roma (ANSA) – Berlino sta per varare un finanziamento fino a 800mila euro per l’assistenza a terra di migranti in Italia alla ong tedesca Sos Humanity che opera salvataggi in mare. La decisione è stata accolta con “stupore” da Palazzo Chigi, ma per Berlino si tratta di un passaggio in linea con la priorità di “salvare vite”. Un compito svolto “dalle guardie costiere nazionali, in particolare quella italiana”, ma anche dai “soccorritori civili nel Mediterraneo centrale”, ha spiegato all’ANSA un portavoce del ministero degli Esteri tedesco.

A Roma l’esecutivo ritiene che questo intervento pro-ong danneggi l’Italia. Nella replica al governo tedesco, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha spiegato che si sarebbe “aspettato aiuto e solidarietà in un momento di difficoltà”, ma la “loro risposta è stata quasi esclusivamente quella di aiutare e finanziare alcune Ong tedesche e non”. Di “atteggiamento strano” da parte di Berlino ha parlato anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Vuole che i migranti arrivino in Italia e poi non vadano in Germania?”, si è chiesto il titolare della Farnesina.

La tensione Roma-Berlino è figlia anche delle distanze sui cosiddetti movimenti secondari. I tedeschi lamentano di essere il Paese con il più alto numero di richiedenti asilo e di non poter fare di più. E in questa partita c’è anche la Francia, che per frenare l’onda cresciuta con i massicci arrivi a Lampedusa ha deciso di blindare la frontiera di Ventimiglia, respingendo i profughi. Una scelta “sbagliata”, commenta Tajani, posizione che ribadirà alla ministra francese Catherine Colonna in un faccia a faccia a Parigi (24 settembre).

Ucciso un poliziotto, riesplode la tensione nel nord del Kosovo

Ucciso un poliziotto, riesplode la tensione nel nord del Kosovo – Photo by Armend NIMANI / AFP

Pristina (ANSA) – Nel nord del Kosovo un poliziotto è stato ucciso e altri due sono rimasti feriti nel corso di uno scontro a fuoco nella notte con uomini armati. Come ha riferito il direttore della polizia Gazmend Hoxha, l’incidente è avvenuto nel villaggio di Banjska, non lontano da Leposavic, uno dei quattro maggiori Comuni del nord a maggioranza serba. Il premier kosovaro Albin Kurti ha fermamente stigmatizzato l’attacco armato ai poliziotti, condotto a suo dire da “professionisti del crimine, mascherati e pesantemente armati”.

Sparatorie e scontri a fuoco sono continuati per ore nel corso della giornata, con 30 assalitori che si sono diretti verso un vicino monastero serbo ortodosso, suscitando caos e paura fra i religiosi e un gruppo di fedeli in visita al monastero. Immediata la reazione di condanna della dirigenza di Pristina, con il premier Albin Kurti e la presidente Vjosa Osmani che non hanno esitato a puntare il dito contro Belgrado, parlando di azioni pianificate di bande criminali serbe attive nel nord del Kosovo con l’obiettivo di destabilizzare la situazione.

Kurti ha stigmatizzato “l’attacco terroristico” da parte di “professionisti del crimine, mascherati e pesantemente armati”. Kfor, la Forza Nato al cui comando vi è il generale italiano Angelo Michele Ristuccia, ha fatto sapere di “monitorare da vicino la situazione”, con “truppe presenti nell’area, pronte a rispondere se necessario”. Ferma condanna degli scontri è arrivata anche dall’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell. “Tutti i fatti relativi all’attacco devono essere accertati. I responsabili devono affrontare la giustizia” ha dichiarato in una nota.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha condannato l’uccisione del poliziotto, sottolineando tuttavia che tutto ciò è il frutto della politica di “terrore” e persecuzione del premier Albin Kurti nei confronti della popolazione serba locale. “L’unico responsabile di quanto accade in Kosovo è Albin Kurti, è solo lui a volere gli scontri e la guerra. il suo più grande desiderio è di spingerci a scontraci con la Nato”, ha detto Vucic in conferenza stampa (24 settembre).