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Roma (ANSA) – Dalla Francia all’Italia, passando per l’Austria, preoccupa l’aumento degli episodi di odio antisemita in tutta Europa. A Roma si ripetono gli oltraggi alle pietre di inciampo a Trastevere: colpite anche quelle dedicate ai deportati Eugenio e Giacomo Spizzichino, dopo quelle in ricordo, sempre nella stessa zona, di Michele Ezio Spizzichino e Aurelio Spagnoletto. Atti compiuti da “chi non accetta” che i nipoti di quei deportati “si rifiutano di fare la stessa fine. L’Europa non è un posto per gli ebrei”, ha scritto in un post su X il pronipote di Spagnoletto, Jonathan Pacifici. Il primo cittadino romano Roberto Gualtieri si è stretto attorno alla Comunità ebraica della capitale che, tramite il suo presidente Victor Fadlun, ha parlato di un atto di “profanazione, un tentativo di cancellare la memoria”.

Mentre gli investigatori stanno indagando su quanto accaduto nel giro di meno di 24 ore nella capitale, da Vienna arrivano altri segnali allarmanti: nella notte è stata presa di mira la parte ebraica del cimitero centrale, con un tentativo di incendio nell’anticamera della sala cerimoniale e svastiche disegnate con lo spray sui muri esterni. Atti immediatamente condannati dal cancelliere austriaco Karl Nehammer. “L’antisemitismo – ha scritto in un tweet – non ha posto nella nostra società. Spero che i colpevoli vengano rapidamente identificati”.

Nei giorni scorsi una sessantina di stelle di David sono state dipinte sulle facciate di diverse abitazioni e banche del quattordicesimo arrondissement di Parigi. La premier francese, Elisabeth Borne, ha condannato “con la più grande fermezza” le “ignobili azioni” antisemite, garantendo la determinazione dell’esecutivo di Parigi che – ha detto – “non lascerà passare nulla”. Borne ha evocato “oltre 850 incidenti” legati all’antisemitismo dal 7 ottobre, con circa “6.000 segnalazioni” alla piattaforma on-line Pharos (1 novembre).

Nuovo raid al campo profughi di Jabalya, Borrell: ‘sconvolto, proteggere i civili’

Tel Aviv/Bruxelles (ANSA) – Un nuovo bombardamento ha colpito il campo profughi di Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza, già teatro ieri di un pesante raid che ha lasciato sotto le macerie decine di morti. L’Onu ha parlato di “attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra”. Il capo degli affari umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, l’ha descritto come “l’ultima atrocità che ha colpito gli abitanti di Gaza”: nella Striscia – ha aggiunto – “i combattimenti sono entrati in una fase ancora più terrificante, con conseguenze umanitarie sempre più spaventose”.

La sicurezza e la protezione dei civili non è solo un obbligo morale, ma anche giuridico

Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue

Anche le cancellerie europee si sono dette “molto preoccupate” dalle notizie provenienti da Jabalya. L’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, si è detto “sconvolto dall’elevato numero di vittime” causate dall’attacco israeliano e ha ricordato che “la sicurezza e la protezione dei civili non è solo un obbligo morale, ma anche giuridico”, afferma tra l’altro. Borrell ha sottolineato di esprimersi “sulla base della chiara posizione del Consiglio Ue secondo cui Israele ha il diritto di difendersi in linea con il diritto umanitario internazionale e garantendo la protezione di tutti i civili”.

“Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha ricordato che il diritto internazionale umanitario non può essere applicato in modo selettivo, compresi i principi di distinzione, proporzionalità e precauzione” ha aggiunto l’alto rappresentante Ue, sottolineando come “il diritto all’autodifesa dovrebbe sempre essere bilanciato dall’obbligo di risparmiare quanto più possibile i civili” (1 novembre).

Feriti e stranieri escono da Gaza, von der Leyen: ‘intensificare gli sforzi per far fronte alla crisi umanitaria’

Tel Aviv/Bruxelles (ANSA) – Le porte del valico di Rafah si sono aperte lasciando uscire centinaia di stranieri, di persone con doppio passaporto e anche feriti. Tra loro anche i primi 4 italiani, volontari di Ong internazionali, accolti dai diplomatici italiani e accompagnati al Cairo. Sul numero di quanti hanno attraversato il doppio confine tra Gaza e l’Egitto non si ha ancora certezza.

Fonti egiziane parlano di 335 stranieri e persone con doppia nazionalità oltre a 76 feriti. Questa prima evacuazione potrebbe essere replicata forse già da domani e proseguire nei prossimi giorni per permettere ad altri di lasciare, compresi diversi italiani e di doppia cittadinanza.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ringraziato le autorità egiziane per gli “ammirevoli sforzi volti ad aiutare i cittadini stranieri, il personale delle organizzazioni internazionali e le loro famiglie, compresi i cittadini europei, ad entrare in sicurezza nel loro Paese”. “È stata una richiesta importante che abbiamo fatto ai nostri partner. Dobbiamo continuare a lavorare insieme per intensificare ulteriormente i nostri sforzi per affrontare la crisi umanitaria a Gaza”, ha aggiunto (1 novembre).

Maastricht compie 30 anni, oggi la sfida del nuovo Patto di Stabilità

Council of the European Union, Brussels, Belgium. Photo: Arne Immanuel Bänsch/dpa
Maastricht compie 30 anni, oggi la sfida del nuovo Patto di Stabilità – Foto: Arne Immanuel Bänsch/dpa +++ dpa-Bildfunk +++

Bruxelles (ANSA) – Celebre a tutti per aver gettato le basi della moneta unica e della cittadinanza europea, il Trattato di Maastricht giunge al suo trentesimo anniversario affrontando la sfida della riforma del Patto di stabilità e crescita. Un dossier da sempre al centro di scontri tra i Paesi membri e ora vitale per il futuro economico della stessa Ue, segnata dalle ferite lasciate prima dalle crisi del debito sovrano e poi, negli ultimi tre anni, da uno stato d’emergenza permanente, passato dal Covid all’aggressione russa contro l’Ucraina, fino al conflitto fra Israele e Hamas.

Firmato il 7 febbraio 1992 nella cittadina olandese di confine ed entrato in vigore allo scoccare della mezzanotte del 1° novembre 1993, nelle intenzioni dei dodici leader europei artefici dell’intesa, il Trattato avrebbe dovuto rappresentare il primo passo verso un’Unione economica, monetaria e politica. Un auspicio nato nel solco dell’euforia innescata dalla caduta del muro di Berlino ma che ancora oggi fatica ad avverarsi, fiaccato da un’integrazione europea a più velocità, dal rifiuto di una progressiva cessione della sovranità nazionale e dal ciclico soffiare dei venti dell’euroscetticismo.

A dividere sul terreno economico sono i criteri omonimi fissati a Maastricht per entrare nella moneta unica: un rapporto deficit/Pil non superiore al 3% e un debito non oltre il 60%. A dare nuova linfa alla nuova governance economica, sono stati sul finire del 2021 il presidente francese Emmanuel Macron e l’ex premier Mario Draghi: serve “più spazio di manovra” – il loro appello – per gli investimenti necessari a sostenere la crescita e le nuove generazioni davanti agli choc economici e geopolitici, senza toccare tuttavia i parametri di Maastricht. A quasi due anni da quelle parole, le trattative sono ancora in stallo (1 novembre).

Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.