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Belgrado (ANSA) – Le barricate erette dai serbi nel nord del Kosovo cominceranno a essere rimosse domattina. Lo ha detto il presidente serbo Aleksandar Vucic al termine di un incontro in serata con i rappresentanti della locale popolazione serba. Citato dai media serbi, Vucic ha detto che le barricate scompariranno nel giro di 24 o 48 ore. “La posizione dei serbi del Kosovo è che se continueranno gli arresti di serbi, il nord del Kosovo verrà chiuso definitivamente alle istituzioni di Pristina, e si chiede una chiara conferma che non vi sarà mai un riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, in una qualunque forma”, ha affermato Vucic.

Il presidente serbo, che ha incontrato i serbi del Kosovo in serata a Raska, nel sud della Serbia a ridosso della frontiera, ha osservato al tempo stesso che le diffidenze dei serbi restano. Definendo l’incontro difficile ma sincero, Vucic ha sottolineato di godere della fiducia della popolazione serba del Kosovo.”Siamo stati sinceri gli uni con gli altri, e gli uomini delle barricate hanno detto di non voler andare contro il proprio stato”, ha affermato il presidente che ha riferito in particolare della profonda sfiducia dei serbi nel premier kosovaro Albin Kurti. Per questo chiedono al presidente serbo un chiaro appoggio e garanzie.

Vucic ha voluto precisare che la decisione di rimuovere le barricate non ha nulla a che vedere con l’eventuale ritorno dei serbi nelle istituzioni kosovare, incarichi dai quali si sono dimessi in massa in novembre per protesta contro l’arresto di serbi e la politica di Pristina ritenuta ostile e discriminatoria nei confronti dei serbi. La condizione per il ritorno dei serbi nelle istituzioni kosovare (polizia, tribunali, governo, parlamento) – ha aggiunto il presidente – è la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, nel rispetto dell’accordo di Bruxelles del 2013, che invece, ha detto, Kurti continua a calpestare al pari degli altri accordi conclusi finora in sede di dialogo (28 dicembre).

Qatargate, Panzeri e Figà-Talamanca restano in carcere

Bruxelles (ANSA) – Poker della procura federale del Belgio. Tutti e quattro gli indagati del Qatargate, accusati di corruzione e riciclaggio di denaro finalizzati a influenzare le decisioni del Parlamento europeo, restano al momento in carcere. Oggi la corte d’appello di Bruxelles ha infatti revocato il braccialetto elettronico concesso a Niccolò Figà-Talamanca nel corso dell’udienza di primo grado – cui si era opposto la procura -, prolungando così la custodia cautelare. La difesa di Pier Antonio Panzeri ha chiesto invece più tempo, ottenendo uno slittamento fino al 17 gennaio.

Nel caso dell’ex vicepresidente dell’Eurocamera, Eva Kaili, il tribunale si era già espresso la settimana scorsa, prolungando la detenzione. Il compagno, Francesco Giorgi, non ha invece presentato ricorso. Se ne riparla fra due mesi, quando il tribunale potrà tornare a riesaminare la questione delle misure attenuate. La sensazione, tra gli addetti ai lavori, è che le sorprese non siano finite qui, dato che per avere una reale influenza sulle istituzioni europee – se questo era davvero il fine di Marocco e Qatar – sarebbe servita una leva ben più ampia di Panzeri&soci. Un’ombra, in questo senso, viene dalle carte della procura.

“Leggendo le conversazioni” intercettate “si comprende perfettamente come il gruppo Panzeri fosse in grado di muovere come marionette alcuni parlamentari, soprattutto italiani”, scrive Repubblica in un articolo in cui svela di aver avuto accesso ai brogliacci. “Con alcuni di questi – prosegue il quotidiano – parlano direttamente al telefono per indicare loro gli interventi da fare. E per complimentarsi dopo il passaggio in aula. Al momento i nomi di questi parlamentari sono coperti, così come impone la legge, da ‘omissis’. Ma se dovesse arrivare l’autorizzazione dal Parlamento a liberarli, dalla montagna si staccherebbe una nuova valanga. Sempre italiana” (27 dicembre).

Pnrr alla meta, il governo chiude gli ultimi dossier

Roma (ANSA) – Il tempo sta per scadere ma non servirà nessun rush finale per rispettare gli impegni del secondo semestre e ottenere i 19 miliardi della terza rata del Pnrr. Tutti i ministeri hanno rispettato gli obblighi: poche ore prima di Natale quello dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e il dipartimento del Digitale, che avevano i carichi maggiori, hanno completato gli obiettivi. E poco dopo anche il ministero dell’Università e della Ricerca, uno di quelli che accusava più ritardi, ha chiuso i suoi file, assieme a quello dell’Istruzione.

Manca solo qualche dettaglio per poter completare la rendicontazione ufficiale e chiedere a Bruxelles lo sblocco dei fondi: mancano, ad esempio, due misure inserite nella manovra che domani dovrebbe ottenere dal Senato il via libera definitivo.Tra qualche giorno il governo potrà quindi concentrarsi sulla nuova fase che si apre nel 2023: la revisione del Pnrr, dalla governance alla ridefinizione di alcuni progetti, soprattutto quelli i cui costi non sono più realistici. La Ue è già allertata e disposta ad aiutare purché le modifiche non tocchino le riforme ma solo alcuni investimenti. In gioco nel prossimo semestre c’è una rata da 16 miliardi da sbloccare dopo 27 obiettivi, tra cui l’entrata in vigore della riforma della giustizia civile e penale e del codice degli appalti.

La vera sfida sarà però riuscire ad accelerare la spesa, visto che i ritardi sono già evidenti: il governo Draghi prevedeva ad inizio 2022 di spendere 40 miliardi, e invece a fine anno il bilancio faticherà ad arrivare alla metà. Intanto, il ministero delle Infrastrutture fa sapere che per mandare avanti “ventuno opere strategiche”, dalla Sicilia alla Valle d’Aosta, il Cipess ha sbloccato un maxi pacchetto da 4,55 miliardi tra opere Anas e interventi nelle Marche “fermi da troppo tempo”. Risorse che arrivano in tutte le regioni. I bandi di gara verranno pubblicati “in tempo record”, tra la fine dell’anno e gennaio 2023 (27 dicembre).

La Croazia entra nell’euro, è il ventesimo Paese dell’Ue

La Croazia adotta la moneta unica dieci anni dopo l’ingresso in Ue, è il ventesimo Stato – Foto: Frank Rumpenhorst/dpa

Bruxelles (ANSA) – La Croazia entra in Eurolandia e adotta la moneta unica dieci anni dopo l’ingresso in Ue, avvenuto il primo gennaio 2013. Si tratta del ventesimo Paese dell’Ue ad aderire all’euro dopo Lituania (2015), Lettonia (2014) ed Estonia (2011). L’iter era stato avviato dal governo croato nell’ottobre del 2017, con la richiesta di ingresso nel meccanismo di cambio europeo, presupposto per l’adozione dell’euro. Già all’epoca il target era stato collegato a quello dell’ingresso nella zona Schengen, raggiunto in contemporanea: il Consiglio dell’Ue ha infatti dato il via libera il 9 dicembre all’ingresso di Zagabria nello spazio di libero scambio, che raggiunge ora 27 Paesi (23 Ue più Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein).

Dopo neanche 18 anni i croati salutano dunque la kuna, introdotta nel Paese solo nel 1994 (e da subito agganciata al marco tedesco), dopo che il dinaro croato subentrò nel 1991 al dinaro jugoslavo.”L’euro è l’espressione monetaria del nostro destino comune e ha fatto parte del nostro sogno europeo. Ora il sogno diventa realtà per la Croazia”, ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. L’atto finale per l’ingresso della Croazia nell’euro è stato deciso nel Consiglio dell’Ue il 12 luglio fissando il cambio della kuna croata a 7,53450 per 1 euro. 

L’euro è l’espressione monetaria del nostro destino comune e ha fatto parte del nostro sogno europeo. Ora il sogno diventa realtà per la Croazia

Charles Michel, presidente del Consiglio europeo

Dal 5 settembre scorso i prezzi nel Paese sono riportati sia in euro sia in kune, e lo saranno fino alla fine del prossimo anno. Per le prime due settimane del 2023, poi, circoleranno sia l’euro e sia la kuna.Con l’imminente ingresso nell’eurozona, la Croazia in autunno ha anche volontariamente presentato la propria bozza programmatica di bilancio alla Commissione, presa in esame e ampiamente promossa nel pacchetto di autunno che apre il ciclo economico annuale. Contestualmente all’ultima riunione ordinaria dell’Eurogruppo, poi, il Consiglio dei governatori del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) ha approvato la richiesta della Croazia di entrare nel fondo ‘salva Stati’ (27 dicembre).

Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.