Have the article read by OpenAI (Beta). Please note that AI translations may take some time to process.

Bruxelles (ANSA) – A un anno dalla presentazione del suo rapporto per rilanciare la competitività dell’Ue, Mario Draghi è tornato a Bruxelles con un monito che non concede attenuanti. Non è soltanto la “competitività” del continente a vacillare: in gioco c’è la “sua stessa sovranità”, ha detto l’ex premier, mettendo in evidenza “la lentezza” di un’Europa che in dodici mesi ha raccolto soltanto una manciata delle 383 raccomandazioni contenute nel suo report rassegnandosi a guardare da lontano la corsa di Stati Uniti e Cina e alimentando la “crescente frustrazione” dei cittadini.

“A un anno di distanza l’Europa è in una situazione più difficile. Il nostro modello di crescita si sta sgretolando, le vulnerabilità aumentano e non c’è un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno” ha aggiunto Draghi. L’imperativo è accelerare: “spingere sulle riforme”, mobilitare “capitale privato”, “abbattere tabù di lunga data” e ottenere “risultati entro mesi, non anni”.

Puntando anche, ha osato l’ex premier, sulla “cooperazione rafforzata tra Paesi volenterosi” nei settori cruciali come la difesa. Una via che, ha rilanciato, potrebbe aprire anche all’inedita ipotesi di debito comune tra alleanze di Stati – se a 27 non fosse possibile – per finanziare progetti d’interesse collettivo. Il terreno d’azione è vasto: energia, intelligenza artificiale, aiuti di Stato e fusioni.

Ma le stoccate più dure toccano il commercio e il Green deal. “Gli Stati Uniti hanno imposto i dazi più alti dai tempi dello Smooth-Hawley”, ha osservato Draghi, sottolineando come la dipendenza da Washington sulla difesa abbia costretto l’Europa a un’intesa alle condizioni dettate da Donald Trump.

Né guardando a Oriente va meglio: la Cina amplia il suo avanzo commerciale e la dipendenza continentale dalle sue materie prime critiche, è stato l’affondo, “ha ridotto la capacità” dell’Europa non soltanto di impedire il dumping ma anche “di contrastare il suo sostegno alla Russia” nella guerra in Ucraina.

Nemmeno la transizione verde è al riparo: nella visione dell’ex premier “alcuni obiettivi” disegnati nel Green deal varato nel 2019 poggiano ormai “su presupposti non più validi”. A partire dalla scadenza-simbolo, lo stop ai motori a benzina e diesel nel 2035 (16 settembre).

La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ ANSA.