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Bruxelles (ANSA) – L’Europa taglia il traguardo dell’AI Act, un impianto monumentale di norme sull’intelligenza artificiale che fa dell’Ue il leader mondiale nella regolamentazione della nuova tecnologia. Il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva l’AI Act che dovrà ora essere adottato dal Consiglio dell’Ue prima di diventare legge. Il complesso di norme per lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso dei sistemi di IA in Ue si regge su un delicato equilibrio tra spinta all’innovazione e tutela dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto e della sostenibilità ambientale.

Innovativo l’approccio al rischio adottato dal Legislatore europeo grazie al quale si dettano una serie di obblighi a fornitori e sviluppatori di sistemi di IA in base ai diversi livelli di rischio identificati. Quando è inaccettabile, scattano i divieti: è il caso ad esempio delle tecniche manipolative, delle pratiche di polizia predittiva, del riconoscimento delle emozioni vietato sul posto di lavoro e nelle scuole. E ancora è il caso del riconoscimento facciale, il cui uso è consentito solo alle forze dell’ordine e soggetto a condizioni rigorose.

Altra novità è il capitolo dedicato all’IA generativa, inserito in corso d’opera con l’obiettivo di dare una prima risposta alle inquietudini sollevate dalla velocissima diffusione di sistemi come ChatGPT. “Democrazia 1 – Lobby 0” posta su X soddisfatto il commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton, rimasto inflessibile anche alle pressioni di Parigi che avrebbe voluto una mano più leggera sul capitolo dell’IA generativa per promuovere lo sviluppo di stelle emergenti made in France, Mistral su tutti.

Anche Roma brinda al voto, con il sottosegretario Alessio Butti che plaude al lavoro “serio e silenzioso” del governo Meloni per “far passare la linea italiana volta ad avere regole snelle e certe invece della semplice autoregolamentazione da parte delle aziende”. Per l’Italia, hanno votato sì i partiti di maggioranza e opposizione, con l’unica eccezione del M5S che mette in guardia dal rischio di creare “barriere d’entrata, aumentando i divari e scoraggiando l’innovazione europea” (13 marzo).

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