Bruxelles (ANSA) – Dopo un negoziato fiume di oltre 36 ore, le istituzioni Ue hanno raggiunto l’accordo sull’AI Act, la legge europea sull’intelligenza artificiale. Si tratta del primo quadro normativo sui sistemi di IA nel mondo. Lo annuncia in un tweet il commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton. Obiettivo della normativa è garantire che l’IA protegga i diritti fondamentali, la democrazia, lo Stato di diritto e la sostenibilità ambientale, stimolando al tempo stesso l’innovazione e rendendo l’Europa leader nel settore.
“Un momento storico” ha esultato Ursula von der Leyen, celebrando uno dei cavalli di battaglia del suo mandato alla Commissione europea che ha avanzato la proposta nel 2021. La normativa darà “un contributo sostanziale allo sviluppo di regole e principi globali per un’IA incentrata sull’uomo”, ha rivendicato la numero uno dell’esecutivo comunitario. È il cosiddetto ‘effetto Bruxelles’, con cui l’Ue spera di orientare le norme sull’IA a livello mondiale, come accaduto con altri dossier.
Nocciolo duro della legge è l’adozione di un approccio basato sul rischio. In altre parole, è prevista una serie di obblighi a fornitori e sviluppatori di sistemi di IA a seconda dei diversi livelli di rischio identificati. Uno dei capitoli più importanti, su cui il negoziato si è incagliato per ore, è quello delle pratiche di IA vietate perché comportano un rischio inaccettabile per la sicurezza e i diritti fondamentali. Tra i punti controversi, anche quello sui modelli di fondazione come GPT-4, alla base di ChatGPT.
L’accordo prevede obblighi più stringenti per i modelli ad alto impatto con rischio sistemico. Norme che Berlino, Parigi e in parte Roma avrebbero voluto diluire in codici di condotta, temendo che gli oneri imposti soffocheranno l’innovazione in Ue (9 dicembre).
L’Ue sceglie la spagnola Calvino per la presidenza della Bei
Bruxelles (ANSA) – “I ministri delle Finanze Ue hanno concordato che c’è il supporto per la candidatura di Nadia Calvino alla presidenza della Bei” ha annunciato il ministro delle Finanze belga Peter Van Peteghem, alla guida di turno della Bei. Nel confronto durante la colazione informale dell’Ecofin, “il ministro Giancarlo Giorgetti – si apprende da fonti del Mef – è intervenuto contestando la procedura utilizzata per la selezione della candidata Nadia Calvino”.
Il ministro ha aggiunto che “il percorso è sbagliato ma ha concluso, citando Boskov, ‘rigore è quando arbitro fischia’”, prendendo quindi atto della decisione politica comune su Calvino”. Ora inizierà la procedura tecnica sulla nomina di Calvino. Formalmente l’Italia nell’iter non ha ritirato la candidatura di Daniele Franco, come riconoscimento politico del suo ruolo nella procedura. La Danimarca, da quanto filtrato, ha invece ritirato la candidatura di Margrethe Vestager (8 dicembre).
Passi avanti sul Patto di stabilità ma l’intesa slitta
Bruxelles (ANSA) – Fumata ‘grigia’ sulla riforma del Patto di stabilità europeo: dopo l’interminabile negoziato nella notte tra giovedì e venerdì, un accordo non c’è. Ma grazie alle trattative ristrette e ai vari ‘confessionali’, verso le due del mattino l’intesa che dovrebbe sbloccare la partita è arrivata sull’asse Parigi-Berlino, per allargarsi a Roma e Madrid, e tradursi quindi in un nuovo testo di compromesso della presidenza di turno dell’Ue.
“I progressi fatti testimoniano che c’è un riconoscimento che non siamo in una situazione normale, c’è una guerra in Europa”, ha sottolineato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, auspicando una conclusione “quanto prima”. Il braccio di ferro si è concentrato sulla procedura per disavanzo eccessivo, con Italia, Francia e gli altri Paesi del Sud a cercar di difendere con i denti l’idea della presidenza spagnola di turno dell’Ue di dare spazio sì all’aggiustamento strutturale automatico per lo 0,5% del Pil per chi ha un deficit oltre il 3%: purché “primario”.
Senza gli interessi del debito pubblico, dunque. Una bella differenza, capace di garantire più anni di rientro, ma su cui i ‘frugali’ hanno alzato le barricate. In partita dall’inizio la Germania ha fatto la voce grossa, finendo col vincere sempre. E la trattativa tra il francese Bruno Le Maire e il tedesco Christian Lindner ha alla fine sbloccato la notte. L’uovo di Colombo potrebbe essere un ‘considerando’ aggiunto al testo in cui si prevede che la Commissione nel valutare la procedura per deficit tenga conto tra il 2025 e il 2027 anche degli interessi sul debito.
“Un accordo in seno al Consiglio dovrebbe essere raggiunto entro la fine dell’anno”, ha affermato Le Maire. “Abbiamo trovato un miglior equilibrio sul risanamento dei conti”, “siamo d’accordo al 95%”. Il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni ha parlato di “una discussione positiva”: “La missione non è compiuta” ma “sono fiducioso che un accordo possa essere raggiunto nei prossimi giorni” (8 dicembre).
L’Ue contro i nuovi insediamenti in Cisgiordania, ‘una provocazione’
Bruxelles (ANSA) – Nessuna misura concreta, per ora, ma al tavolo dei ministri degli Esteri Ue, lunedì prossimo, si parlerà con grande attenzione della Cisgiordania e delle violenze perpetrate dai coloni. Essenzialmente non prevenute né punite dalle autorità israeliane. Un andazzo preoccupante che rischia di far precipitare definitivamente la situazione e minare ogni prospettiva di pace. L’ipotesi di sanzioni individuali viene apertamente discussa ma, sostiene una fonte europea, l’Ue “non è ancora pronta” per seguire questa strada.
“Il nuovo insediamento ebraico noto come ‘Basso Acquedotto’ a Gerusalemme est, autorizzato in piena guerra, è una provocazione”, tuona un alto funzionario Ue. “L’Ue ha sempre denunciato gli insediamenti in Cisgiordania come illegali e contrari al diritto internazionale ma le misure restrittive le devono decidere i 27 Paesi membri: Bruxelles ha intanto fatto notare a Tel Aviv che la protezione dei palestinesi nelle aree occupate è sua responsabilità e non sta facendo abbastanza, vediamo quale sarà la risposta”.
Il premier belga Alexander De Croo, presentando le priorità del suo semestre di presidenza europeo, ha chiesto apertamente le sanzioni ai coloni: “La violazione dei diritti umani – ha scandito – deve finire”. La sua ministra degli Esteri Hadja Lahbib ha poi annunciato che presenterà la proposta al Consiglio di lunedì. Ma, per l’appunto, i 27 sono divisi sulla linea da prendere in Medio Oriente. Belgio, Spagna e Irlanda sono più intransigenti nei confronti di Israele mentre Paesi come Italia e Germania non vogliono ad esempio sentir parlare di “tregua” perché al momento avvantaggerebbe Hamas (8 dicembre).
Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.