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Bruxelles (ANSA) – A meno di due giorni dall’accordo commerciale Ue-Usa, undici Paesi membri guidati da Parigi, e con Roma in prima linea, si sono rivolti alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per invocare “al più presto” l’introduzione di uno scudo capace di tutelare la siderurgia Ue dalla minaccia della sovraccapacità globale che ha i lineamenti della Cina e porta il marchio del protezionismo americano.

Un primo segnale di reazione concertata a una crisi che agita le fondamenta di uno dei settori più esposti, già provato dal dumping, dall’incertezza strategica denunciata nei confronti di Bruxelles e dalla politica America First bollata a marzo, quando arrivò il primo affondo del 25%, come “l’ultimo chiodo nella bara” del comparto.

Nel non-paper indirizzato ai vertici di Palazzo Berlaymont, la coalizione – formata, oltre che da Francia e Italia, da Austria, Belgio, Bulgaria, Grecia, Lussemburgo, Polonia, Romania, Slovacchia e Spagna – sollecita con urgenza l’adozione, già annunciata dalla Commissione per l’autunno, di un nuovo sistema di quote tariffarie da attivare il primo gennaio 2026 con soglie d’ingresso nel mercato continentale ancorate ai livelli pre-crisi: massimo il 15% della domanda Ue per l’acciaio piatto e inox, e il 5% per quello lungo.

Un tentativo di contenere l’urto di una congiuntura negativa che, nei richiami costanti di Eurofer, si trascina fin dal 2013, acuita poi dal pugno duro del tycoon che sei anni più tardi aprì la stagione delle tariffe. Dopo aver inasprito in soli due mesi i dazi su acciaio e alluminio, portandoli al 50%, Washington al momento non retrocede, limitandosi a promettere “discussioni” con l’Ue sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento.

Senza tuttavia offrire impegni vincolanti. Ben diversa è la lettura di Bruxelles, secondo cui il tycoon sarebbe pronto a un compromesso, con dazi applicabili soltanto oltre una soglia prestabilita di export. “Ridurre le barriere” e “lavorare insieme contro la sovracapacità globale” è la linea espressa dalla presidente von der Leyen (29 luglio).

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