Bruxelles (ANSA) – L’Ungheria è condannata a versare una somma di 200 milioni di euro e una penalità di 1 milione di euro per ogni giorno di ritardo per non dato esecuzione a una sentenza della Corte di giustizia del 2020 in cui si stabiliva che Budapest non ha rispettato le norme del diritto Ue relative alle procedure sul riconoscimento della protezione internazionale e sul rimpatrio di cittadini di Paesi terzi con soggiorno è irregolare.
Da allora la sentenza è rimasta lettera morta, con la sola eccezione delle zone di transito che l’Ungheria aveva istituito al confine con la Serbia per valutare le richieste d’asilo ed effettuare respingimenti verso il Paese balcanico in violazione del diritto europeo e internazionale. La Commissione europea ha deciso quindi di fare nuovamente ricorso per chiedere che Budapest metta in atto le norme europee sull’asilo e che paghi per non averlo fatto finora.
Secondo i giudici, sottrarsi deliberatamente all’applicazione di una politica comune dell’Ue, come ha fatto l’Ungheria in questo caso, costituisce una “violazione inedita e di eccezionale gravità del diritto Ue”, per questo ha condannato Budapest a pagare una somma forfettaria di duecento milioni di euro e una multa record di un milione di euro al giorno a partire dal 13 giugno, giorno dell’emissione della nuova sentenza.
Per la Corte, il comportamento dell’Ungheria rappresenta una “minaccia importante” all’unità del diritto europeo, pregiudicando gravemente tanto gli interessi privati dei richiedenti asilo quanto l’interesse pubblico, perché ha come conseguenza “il trasferimento ad altri Stati membri della responsabilità di garantire l’accoglienza dei richiedenti asilo, valutare le domande e procedere eventualmente ai rimpatri”.
La sentenza vale anche come monito per il nuovo Patto Ue per la migrazione e l’asilo che Budapest minaccia di non attuare. Dura la reazione del premier ungherese, Viktor Orbán, che ha bollato la sentenza come “inaccettabile e oltraggiosa” aggiungendo che “per i burocrati di Bruxelles i migranti illegali sono più importanti dei loro cittadini europei” (13 giugno).
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