Bruxelles (ANSA) – La Commissione europea presenta la relazione annuale sull’allargamento in cui valuta il processo di adesione degli Stati che aspirano a entrare in Ue: Ucraina, Moldavia, Georgia, Serbia, Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Kosovo e Turchia.
“L’adesione all’Ue è un investimento strategico in un’Europa forte, stabile e unita, basato sui valori comuni democratici” scrive l’esecutivo Ue che sottolinea i “progressi significativi” compiuti nello scorso anno. “Considerata l’accelerazione del processo per alcuni candidati, l’allargamento è una possibilità realistica nei prossimi anni” è la valutazione di Palazzo Berlaymont.
Per la prima volta, la Commissione mette nero su bianco la necessità che i futuri trattati di adesione contengano “garanzie più solide contro il mancato rispetto degli impegni assunti durante i negoziati di adesione” in modo da “garantire che i nuovi Stati membri continuino a salvaguardare e mantenere i risultati ottenuti in materia di Stato di diritto, democrazia e diritti fondamentali”.
L’esecutivo Ue è inoltre al lavoro sulle “revisioni delle politiche e le riforme pre-allargamento che valutano l’impatto dell’allargamento su questioni politiche fondamentali”. Il documento avrebbe dovuto accompagnare la relazione annuale sull’allargamento, ma la sua adozione è stata rinviata “con l’obiettivo finale – ha spiegato un portavoce – di garantirne la massima qualità”.
“Nel complesso, il 2025 è stato un anno di progressi significativi per l’allargamento dell’Ue” ha dichiarato la commissaria europea Marta Kos, aggiungendo che “Il prossimo anno sarà un momento di verità per tutti i paesi candidati, ma soprattutto per quelli che hanno presentato piani ambiziosi per completare i negoziati”.
Tra i primi della classe Kiev, di cui viene elogiato il “notevole impegno” nel percorso verso l’Ue nonostante l’imperversare del conflitto. Eppure nel rapporto hanno lasciato un segno le proteste che a luglio hanno scosso il Paese dopo il tentativo delle autorità ucraine di indebolire le agenzie anti-corruzione. Nonostante il dietrofront di Kiev, Bruxelles è tornata sulla questione intimando all’Ucraina di “invertire decisamente le tendenze negative”.
Promossa a pieni voti la Moldavia, che ha saputo navigare nella tempesta delle ingerenze russe, votando nell’ottobre scorso una maggioranza “fortemente impegnata” nel percorso di adesione all’Ue. Per ora l’altolà del premier ungherese Viktor Orbán all’avanzamento di Kiev – e di conseguenza di Chisinau – non ha spento gli entusiasmi dei due Stati dell’Est che puntano a chiudere i negoziati di adesione nel 2028.
Un faro di luce nei Balcani proviene dall’Albania e dal Montenegro che corrono spediti verso la meta, con Podgorica che mira a concludere il lavoro tecnico alla fine del prossimo anno e Tirana, a ruota, quello successivo. Obiettivi ambiziosi ma alla portata per Bruxelles secondo cui il prossimo anno sarà “un momento di verità” per tutti i paesi candidati, ma ancor più per il quartetto ambizioso.
Fin qui le luci. “Nessun reale progresso” è stato registrato in Bosnia-Erzegovina, Macedonia del Nord e Kosovo, è la sentenza di palazzo Berlaymont. Critico anche il capitolo dedicato alla Georgia, che la Commissione considera “un Paese candidato solo di nome”. Duro il giudizio sulla Serbia di Aleksandar Vučić, chiamata a fare una scelta di campo tra l’Ue e la Russia (4 novembre).
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