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Bruxelles (ANSA) – Dopo il Green deal, è la volta dell’AI Act di finire sotto la ghigliottina dell’Ue. A poco più di un anno dall’entrata in vigore della storica legge sull’intelligenza artificiale, la Commissione Ue ha messo in pausa uno dei capitoli più importanti, quello dedicato ai sistemi di IA ad alto rischio. Una brusca frenata in aria da tempo a cui hanno contribuito le pressioni del comparto tech nel Vecchio continente e oltreoceano, per non dire dell’ostilità dell’amministrazione Usa targata Donald Trump verso l’arsenale digitale dell’Ue.

Nella sua settima proposta omnibus dedicata al digitale, la Commissione ha proposto di rinviare fino a un massimo di sedici mesi il termine per attuare le regole sui sistemi di IA ad alto rischio, quelli cioè che comportano un potenziale danno per salute, sicurezza, diritti, ambiente e democrazia. Per ridurre rischi di questo tipo erano state concepite le norme che sarebbero dovute scattare ad agosto 2026, due anni dopo l’entrata in vigore dell’AI Act.

Ora si andrà a dicembre 2027, termine entro il quale dovrà essere completato il lavoro sugli standard necessari per aiutare le imprese a conformarsi alla legge. Obiettivo dichiarato di Bruxelles è archiviare il capitolo della regolamentazione e passare in fretta a quello dell’innovazione per scongiurare “la lenta agonia” profetizzata da Mario Draghi.

Un percorso suggerito proprio dall’ex premier nel suo rapporto sulla competitività che indicava l’AI Act come un fattore di freno all’innovazione. Stessa sorte per la normativa sulla protezione dei dati, una delle punte di diamante di Bruxelles. Anche qui a prevalere è l’interesse di imprese come OpenAI a metter mano sul nuovo petrolio dell’economia, i dati, per allenare i modelli di IA.

Le società tech quindi potranno avvalersi dell’interesse legittimo per usare i dati senza chiedere il consenso espresso degli utenti. Una rivoluzione copernicana che ha provocato una levata di scudi. Le organizzazioni a difesa dei diritti digitali parlano di un “grave arretramento sulla privacy” concepito non nell’interesse dell’Ue, ma delle big tech.

Durissimo il commento dell’ex commissario Ue al Mercato interno, Thierry Breton, padre dell’AI Act, che ha accusato Washington di essere dietro ai tentativi di smantellare le leggi sul digitale. “Non facciamo gli utili idioti” è stato il monito del francese, secondo cui preservare l’integrità dei pilastri digitali dell’Ue è “espressione della sovranità digitale europea”.

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