Bruxelles (ANSA) – La Nato risponde a Donald Trump e anticipa, in parte, i dati contenuti nel prossimo rapporto annuale – pubblicato normalmente in primavera – per mostrare che gli alleati stanno effettivamente mettendo mano al portafoglio. Il segretario generale Jens Stoltenberg ha dunque rivelato che circa due terzi dei Paesi membri, 18 per la precisione, nel 2024 arriveranno al famoso 2% del Pil in difesa. Molti devono ancora “fare di più” – l’Italia ad esempio – ma in generale la tendenza è chiara.
“Il dato è aumentato di sei volte rispetto al 2014”, ha sottolineato Stoltenberg. Il colpo di reni arriva alla vigilia della ministeriale Difesa della Nato e in concomitanza con una riunione di routine del formato di Ramstein, la coalizione di Paesi che sostiene militarmente l’Ucraina. il focus di questi giorni cade sugli affari interni dell’Alleanza. Intanto il dibatto se incardinare o meno il sostegno all’Ucraina in ambito Nato, interiorizzando in pratica Ramstein (ci sono pro e contro). Poi la messa a terra dei piani regionali, testati dalla grande esercitazione in corso Streadfast Defender.
Infine la preparazione del summit di Washington, per celebrare il 75 anni del patto atlantico, e parallelamente la nomina del successore di Stoltenberg (il premier olandese Mark Rutte è dato ormai per certo). L’annuncio sui 18 in regola va visto dunque in quest’ottica, con un certa esigenza a creare una “narrazione positiva” intorno alla Nato. Nello specifico, Usa a parte, i Paesi virtuosi certi sono Polonia, Grecia, Estonia, Lituania, Finlandia, Romania, Ungheria, Lettonia, Regno Unito e Slovacchia. Tra le ‘new entry’ del 2024 si contano senz’altro Germania e Danimarca. Per gli altri quattro si dovrà attendere (14 febbraio).
Spagna e Irlanda chiedono che l’Ue verifichi se Israele rispetta i diritti umani
Madrid (ANSA) – La Spagna e l’Irlanda chiedono alla Commissione europea di “verificare urgentemente” se Israele sta “rispettando i diritti umani a Gaza”: lo ha reso noto su X il premier iberico Pedro Sánchez, spiegando che lui stesso e il primo ministro irlandese Leo Varadkar hanno appena inviato una lettera a riguardo a Bruxelles. Madrid e Dublino ricordano inoltre “l’orrore del 7 ottobre” e chiedono “il rilascio di tutti gli ostaggi” e un “cessate il fuoco immediato”, ha aggiunto Sánchez. Nella lettera i due premier si riferiscono “all’accordo di associazione Ue/Israele”, che stabilisce come “elementi essenziali della relazione” tra le due parti “il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici”.
Sánchez e Varadkar chiedono quindi a Bruxelles “una valutazione urgente” per quanto riguarda l’osservanza da parte di Israele di tali obblighi, e che, “in caso ritenesse che non lo stia facendo”, una proposta al Consiglio di “misure adeguate”. Entrambi sostengono che “l’espansione dell’operazione militare israeliana nell’area di Rafah costituisce una minaccia seria e imminente che la comunità internazionale deve affrontare urgentemente”, e sottolineano che a Gaza “quasi 28.000 palestinesi sono stati uccisi e più di 67.000 feriti” negli ultimi mesi.
Sánchez e Varadkar ricordano poi le “misure cautelari vincolanti” stabilite dalla Corte internazionale di giustizia in merito alla causa aperta contro Israele dal Sudafrica e la conclusione dei giudici sul fatto che “almeno alcuni degli atti o delle omissioni che il Sudafrica sostiene che Israele abbia commesso a Gaza possano rientrare nel campo di applicazione delle disposizioni della Convenzione sul Genocidio” (14 febbraio).
Nuove sanzioni Ue a Mosca colpiscono quasi 200 persone e entità
Bruxelles (ANSA) – Il tredicesimo pacchetto di sanzioni sarà uno “dei più ampi dall’inizio della guerra, con quasi 200 tra persone e entità” nella lista nera. E’ quanto spiegano fonti europee in merito alle nuove misure che l’Ue si prepara a mettere in campo contro la Russia, con l’obiettivo dell’approvazione finale entro il prossimo 24 febbraio, giorno del secondo anniversario della guerra in Ucraina. Nel pacchetto dovrebbe essere incluse sanzioni contro aziende dei Paesi terzi che commerciano con Mosca prodotti europei utilizzabili per scopi militari. Il pacchetto è stato discusso nella riunione dei Rappresentanti Permanenti dei 27 (Coreper II) convocata oggi. La riunione, spiegano le fonti, è stata “molto fruttuosa” e ha visto quasi tutti i Paesi membri sostenere il pacchetto “ad eccezione dell’Ungheria, che ha chiesto un po’ più di tempo per studiare le misure” (14 febbraio).
La Ue apre alle fusioni nelle tlc, verso nuove regole
Bruxelles (ANSA) – La Commissione europea è pronta a valutare l’allentamento delle regole sulle fusioni nelle settore delle telecomunicazioni per contribuire a sviluppare il 5G e consolidare il mercato transfrontaliero. E’ quanto emerge dalla bozza del pacchetto sulla connettività che sarà presentato il 21 febbraio. “La frammentazione del mercato potrebbe incidere sulla capacità degli operatori di raggiungere la dimensione necessaria per investire nelle reti del futuro, in particolare in vista dei servizi transfrontalieri”, si legge nel documento e “si pone la questione se il consolidamento transfrontaliero o diverse forme di cooperazione a monte possano consentire agli operatori acquisire dimensioni sufficienti, senza compromettere la concorrenza a valle”.
Negli ultimi anni il regolatore ha stoppato diversi potenziali accordi ma il 5G richiede investimenti massicci e rapidi e i grandi gruppi europei hanno chiesto aiuto alla Commissione europea. E anche se le raccomandazioni di Bruxelles contenute nell’atteso rapporto sulle infrastrutture digitali non saranno vincolanti, il mercato ha subito reagito positivamente all’apertura su possibili fusioni nel settore. “La creazione di un vero mercato unico per i servizi di telecomunicazione richiede una riflessione su come incoraggiare il consolidamento transfrontaliero” ha detto Thierry Breton, commissario europeo per il mercato unico al Financial Times.
“Le dimensioni – ha aggiunto – sono fondamentali per realizzare gli ingenti investimenti necessari per costruire l’infrastruttura digitale all’avanguardia di cui l’Europa ha bisogno per la sua competitività. Esistono ancora troppe barriere normative per un vero mercato unico delle telecomunicazioni” (14 febbraio).