Bruxelles (ANSA) – L’Unione Europea riparte dopo la pausa estiva e subito s’incarta sull’ormai caldissima questione delle restrizioni all’uso delle armi fornite all’Ucraina. Il dibattito, per la verità, dura da mesi ma la sortita nel Kursk da parte di Kiev ha cambiato la prospettiva. “Ci troviamo in uno scenario nuovo adesso”, ha evidenziato il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, invitato a Bruxelles dall’alto rappresentante Josep Borrell appositamente per perorare la causa davanti ai 27.
“L’Ucraina deve poter usare le armi in pieno, altrimenti sono inutili”, ha rimarcato Borrell. Suscitando subito l’ira di Budapest: “Queste sono proposte folli, va fermato”. Il punto è che sono i singoli Paesi a decidere come l’Ucraina debba usare le armi. Alcuni hanno rimosso ogni tabù fin da subito, altri sono più cauti. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha ribadito che la posizione di Roma non cambia: “Il nostro materiale bellico può essere usato solo all’interno del territorio ucraino”.
Il ministro ucraino ha poi lanciato una delle critiche più forti agli alleati dall’inizio della guerra. “Ci sono troppi ritardi tra gli annunci sugli aiuti militari e le effettive consegne: sono ritardi che paghiamo con vite umane”. “Il ritardo nella consegna degli aiuti militari può essere facilmente percepito dagli ucraini come una spinta verso i negoziati con la Russia, perché i soldi stanno finendo”, spiega all’ANSA un’alta fonte diplomatica europea.
“Ma l’Ucraina – aggiunge – vuole una chiusura alle sue condizioni. Ecco allora spiegata l’offensiva di Kursk: vuole avere qualcosa da negoziare con Mosca, visto che potrebbe essere costretta ad avviare le trattative prima delle elezioni americane”.
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