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Roma/Bruxelles (ANSA) – Il Dipartimento del Commercio americano ha accusato le aziende italiane del settore di dumping e imposto una tariffa del 91,74%, in aggiunta al 15% già in vigore, facendo salire l’imposizione complessiva sul prodotto a quasi 107%. Il nuovo ‘super-dazio’ potrebbe scattare da gennaio 2026 e il comparto ne teme il devastante contraccolpo economico. 

Immediata è stata la reazione, dell’ambasciata italiana a Washington e dei ministeri degli Affari esteri, e dell’Agricoltura che si sono attivati per convincere il dipartimento del Commercio americano a cambiare questa decisione prima della sua entrata in vigore. 

Il ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida ha fatto sapere di seguire “con attenzione i dossier legati alla presunta azione anti dumping che farebbe scattare un meccanismo iper protezionista verso i nostri produttori di pasta del quale non vediamo né la necessità né alcuna giustificazione”.

“La Commissione europea, in stretto coordinamento con il governo italiano, sta collaborando con gli Stati Uniti sull’indagine e interverrà se necessario” ha spiegato il portavoce dell’esecutivo Ue responsabile per il Commercio, Olof Gill. “Questa – ha spiegato – è un’indagine antidumping, pertanto esula dall’ambito della dichiarazione congiunta Ue-Usa” alla base dell’accordo raggiunto sui dazi al 15%.

Non poteva mancare la reazione delle associazioni di settore che, oltre a contestare il metodo, ne temono il forte contraccolpo economico. Il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, definisce “un colpo mortale per il Made in Italy un dazio del 107% sulla pasta italiana”, dal momento che nel 2024, secondo la confederazione, l’export di pasta Made in Italy negli Usa ha raggiunto un valore di 671 milioni di euro, un mercato strategico che verrebbe di fatto azzerato da un dazio di pari entità” (4 ottobre).

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