Bruxelles (ANSA) – Venti Stati Ue, tra cui Germania e Francia, si dicono “profondamente preoccupati” per la messa al bando del Pride in Ungheria e chiedono a Budapest di “rivedere tali misure per garantire il rispetto e la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini, in conformità con i propri obblighi internazionali”.
Nella dichiarazione, elaborata in occasione del Consiglio Affari Generali in cui si terrà un’audizione sullo Stato di diritto in Ungheria, si invita poi la Commissione a “usare tempestivamente e pienamente gli strumenti a sua disposizione in materia di Stato di diritto nel caso in cui tali misure non vengano riviste di conseguenza”.
La dichiarazione, promossa dai Paesi Bassi, annovera tra i firmatari anche Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia. Assente l’Italia, unico Stato dell’Europa occidentale e tra i Paesi fondatori a non aver sottoscritto la dichiarazione.
Il mese scorso l’Ungheria ha modificato la Costituzione stabilendo il primato del diritto dei bambini a un “corretto sviluppo fisico, intellettuale e morale” sugli altri diritti fondamentali, eccetto il diritto alla vita. Un escamotage con cui si giustifica la restrizione della libertà di riunione pacifica, mettendo al bando di fatto le marce del Pride che l’Ungheria considera lesive dello sviluppo dei minori. Per tracciare e multare i partecipanti, Budapest ha acconsentito all’uso del riconoscimento facciale, pratica vietata, con alcuni stringenti eccezioni, dal diritto europeo.
“Siamo profondamente allarmati da questi sviluppi, che sono contrari ai valori fondamentali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e del rispetto dei diritti umani” si legge nella dichiarazione, in cui si sottolinea che “rispettare e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali di tutte le persone, comprese le persone Lbgtiq+, è insito nell’essere parte della famiglia europea”. “Questa – scrivono i firmatari – è la nostra responsabilità e l’impegno condiviso degli Stati membri e delle istituzioni europee” (27 maggio).
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