Have the article read by OpenAI (Beta). Please note that AI translations may take some time to process.

Roma (ANSA) – Passano le ore e il mare non restituisce altri corpi dopo i primi 78 riportati mestamente sul molo di Kalamata mercoledì. Ma il naufragio a Pylos, nel sud del Peloponneso, è ormai destinato ad entrare nella storia come una delle peggiori tragedie di migranti nel Mediterraneo. “E’ possibile ci siano fino a 600 morti”, spiega Manolis Makaris, il medico responsabile dell’ospedale di Kalamata che ha raccolto i primi racconti dei sopravvissuti, tenuti lontani da telecamere e giornalisti. “Tutti mi hanno confermato che a bordo c’erano 750 persone, tutti hanno fatto questo numero”, prosegue ricordando che finora 78 sono stati i corpi recuperati e solo 104 le persone tratte in salvo, tutti uomini tra i 16 e i 40 anni – eccetto una donna – provenienti da Egitto, Pakistan e Siria. “Un paziente mi ha parlato di un gran numero di bambini, circa 100 nella stiva”.

Mentre ancora si prova a fare una stima dei morti non si arresta lo scontro sulle responsabilità del disastro, con ricostruzioni che differiscono tra loro. L’attivista Nawal Soufi racconta di aver ricevuto, tra le prime, la richiesta di aiuto: “L’abbiamo segnalata alle autorità greche nelle prime ore del 13 giugno. I migranti viaggiavano da cinque giorni ormai senza acqua e con a bordo sei cadaveri”. La situazione si sarebbe complicata quando “una nave si è avvicinata all’imbarcazione, legandola con delle corde su due punti della barca e iniziando a gettare bottiglie d’acqua”, mettendo così in pericolo i migranti che temevano “che le risse a bordo per accaparrarsi l’acqua potessero causare il naufragio” e per questo si sono allontanati.

Non c’era poi, secondo l’attivista, la volontà di continuare il percorso verso l’Italia a tutti i costi, come riferito invece dalla Guardia costiera ellenica che sostiene che i migranti avevano “rifiutato qualsiasi assistenza dichiarando di voler proseguire il viaggio” verso le coste italiane. Versione peraltro già smentita ieri da Alarm Phone, secondo cui i greci “erano ben consapevoli di questa imbarcazione sovraffollata e inadeguata” ma “non è stata avviata un’operazione di salvataggio”. Le autorità marittime di Atene, però, spiegano che il motore dell’imbarcazione ha ceduto poco prima delle 23 di martedì e che questa si è poi rovesciata, affondando in circa 10-15 minuti. Per l’ammiraglio Nikos Spanos sarebbero stati i trafficanti a provocare “deliberatamente l’inclinazione che ha portato all’affondamento della nave”.

Anche il Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano martedì aveva ricevuto un’e-mail che indicava un barcone in difficoltà con a bordo circa 750 migranti e, accertato che si trovava nell’area di responsabilità greca, aveva contattato subito la Guardia costiera ellenica, fornendole tutte le informazioni utili per le operazioni di soccorso. Le autorità di Atene hanno arrestato circa 12 persone di origine egiziana accusate di essere i trafficanti, che si sarebbero fatte pagare tra i 4 mila e i 6 mila dollari per ogni migrante per quello che è diventato il viaggio della morte (15 giugno).

Nato, la controffensiva ucraina mette i russi in difficoltà

Bruxelles (ANSA) – La controffensiva ucraina sta mettendo “in difficoltà” i russi. È quanto emerge da una prima analisi di quanto sta accadendo sul campo di battaglia, condivisa nel corso dell’incontro dei ministri della Difesa alleati a Bruxelles. “Le forze ucraine hanno intensificato le operazioni lungo la linea del fronte e stanno compiendo progressi costanti”, ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg. Il che invoglia le capitali a rinnovare gli aiuti, per accelerare la fine della crisi. Nel corso della ministeriale si è dunque deciso di aumentare le forniture di sistemi di difesa antiaerea in modo da permettere alle truppe dislocate al fronte di potersi dotare di una maggiore copertura.

I primi successi rafforzano la fazione dei falchi pro-Kiev, determinati a ottenere un chiaro cronoprogramma d’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Il dilemma, al momento, è come andare oltre al linguaggio usato a Bucarest nel lontano 2008 – una generica promessa di adesione – senza scontrarsi con la realtà riconosciuta da tutti: prima si deve attendere la fine la guerra. Stoltenberg, all’informale esteri di Oslo, ha lanciato l’idea (quando sarà il momento) di esentare Kiev dal Piano d’azione per l’adesione (Membership Action Plan o Map), ovvero il programma d’aiuti per raggiungere gli standard necessari in termini di qualità delle istituzioni e dello Stato di diritto.

Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius si è detto “favorevole” e – stando al Washington Post – anche Joe Biden non sarebbe contrario. Ma un’alta fonte diplomatica alleata ha assicurato all’ANSA che sul tema “non c’è accordo tra gli alleati” e che “si tratta solo di una proposta”. Stoltenberg ha d’altra parte detto che a Vilnius non ci sarà “nessun invito per l’Ucraina”. L’obiettivo invece è di approvare la creazione del Consiglio Nato-Ucraina e tenere la prima riunione con il presidente Volodymyr Zelensky. Politicamente, ci si fermerà qui. Poi ci sarà un cospicuo piano di assistenza militare pluriennale e, forse, “garanzie di sicurezza bilaterali” fornite da alcuni alleati (15 maggio).

L’Ue valuta dazi contro l’import di auto elettriche cinesi

Bruxelles (ANSA) – La Commissione europea sta valutando la possibilità di imporre dei dazi sulle auto elettriche cinesi per contrastare la vasta importazione dalla Cina che minaccia la produzione continentale. E’ quanto si apprende da fonti comunitarie vicine al dossier. Al vaglio di Bruxelles c’è l’apertura già a luglio di un’indagine antidumping sui sussidi offerti da Pechino al settore, nell’ottica di aprire la strada all’introduzione delle misure commerciali. Il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, secondo quanto riferito dalle stesse fonti, è “molto favorevole” all’avvio dell’indagine.

La possibile imposizione dei dazi, fortemente sostenuta dalla Francia, si inquadra nella nuova strategia di sicurezza economica che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sta mettendo a punto in queste settimane, e che potrebbe prevedere maggiori controlli da parte dell’Ue sulle incursioni cinesi nel mercato unico. Martedì 20 giugno, stando all’agenda del collegio dei commissari, l’esecutivo Ue presenterà una comunicazione a riguardo, dal titolo ‘Defence of democracy package’. Il dossier sarà poi all’ordine del giorno del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno, dove il dibattito tra i leader partirà da posizioni diverse (15 giugno).

Varsavia vuole fare un referendum sui ricollocamenti dei migranti in Ue

Bruxelles (ANSA) – La questione del ricollocamento dei migranti in Ue “deve essere oggetto di referendum”. Lo ha detto il leader del partito al potere Diritto e giustizia, Jarosław Kaczyński, citato dall’agenzia di stampa polacca (Pap). Il meccanismo di solidarietà flessibile è uno dei punti concordati dal Consiglio dell’Ue la settimana scorsa nel quadro del nuovo Patto sulla migrazione. L’intesa è stata raggiunta malgrado l’opposizione di Varsavia e Budapest.

Kaczyński è intervenuto in un dibattito parlamentare sulla risoluzione presentata dal PiS in merito alla proposta di introdurre il meccanismo europeo di solidarietà. Il leader polacco ha tracciato un parallelo tra il sostegno ricevuto da Varsavia per aver accolto “circa 1,5-2 milioni di rifugiati” ucraini dall’inizio dell’invasione russa e i contributi finanziari richiesti agli Stati membri che negano il trasferimento dei migranti nel proprio Paese nel quadro del meccanismo di solidarietà.

“E’ una presa in giro per la Polonia, una discriminazione estremamente sfacciata: ecco perché non lo accetteremo, la nazione polacca non è d’accordo” ha tuonato Kaczyński, impegnandosi a indire un referendum sulla questione. “I polacchi devono esprimere la loro opinione” ha aggiunto, sottolineando poi come la decisione dell’Ue sia “contro i trattati” e mini “la sovranità polacca e di altri Stati europei”. Tema quest’ultimo “oggetto di una disputa molto più ampia che determinerà il futuro dell’Ue, ma anche il nostro futuro e le nostre decisioni”, ha concluso (15 giugno).

Qatargate, la procura belga revoca mandato arresto per Cozzolino

Napoli (ANSA) – La Procura federale belga ha revocato il mandato di arresto europeo emesso nel confronti dell’europarlamentare Andrea Cozzolino, coinvolto nel cosiddetto Qatargate. “Cozzolino – riferiscono i legali dell’eurodeputato, gli avvocati Dezio Ferraro, Federico Conte e Raffaele Bifulco – si recherà ora a Bruxelles da uomo libero, per rendere interrogatorio e restare a disposizione dell’autorità giudiziaria”. A seguito della revoca del Mae, che “realizza l’obiettivo che la difesa si proponeva”, Cozzolino e i suoi legali hanno rinunciato al ricorso per Cassazione pendente.

Un mese fa la Corte di Appello di Napoli aveva accolto l’istanza di estradizione e, contro questa decisione, i legali di Cozzolino avevano annunciato ricorso in Cassazione. Iniziativa alla quale non verrà dato seguito dopo la revoca del mandato di arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria belga. L’europarlamentare è indagato a Bruxelles per corruzione internazionale.

Secondo gli inquirenti Cozzolino, dal primo gennaio 2018 al 15 luglio 2022, in qualità di europarlamentare, presidente dal 2019 della Delegazione per le relazioni con i Paesi del Maghreb e co-presidente della Commissione Parlamentare Congiunta Euro-Marocchina, nonché nella veste di componente della commissione speciale Pegasus, in concorso e in associazione con altri avrebbe “indebitamente ricevuto, per conto del governo del Marocco, verosimilmente da tale Atmoun, denaro per esercitare le sue funzioni parlamentari europee in modo da favorire gli interessi del Marocco all’interno del Parlamento europeo” (15 giugno).

Questa raccolta è una selezione editoriale basata sulla copertura europea dell’ANSA. La responsabilità editoriale di questa pubblicazione è dell’ANSA. Viene pubblicata il lunedì e il giovedì.